Paleontologia sistematica

Esempi di determinazione

In questa pagina sono riportati alcuni esempi di determinazione utili per capire come si classifica un esemplare identificandolo ed inserendolo in una precisa categoria sistematica.



Classifichiamo una conchiglia
Quante volte abbiamo raccolto una conchiglia lungo una spiaggia e, prendendola in mano, abbiamo osservando questo piccolo capolavoro della natura con meraviglia ammirandone la forma ed il colore ed abbiamo così deciso di conservarla a memoria di una bella vacanza? È ora di tirar fuori quel bel mollusco da quel cassetto dei ricordi e rendergli omaggio a assegnandogli un nome ...ma come fare?
La catalogazione (tutti iniziano così) deve avvenire inizialmente comparando gli esemplari ritrovati con immagini che ci diranno indicativamnte il nome del mollusco. Questo è possibile usando testi più o meno specializzati o, se non li possediamo, ripiegare su Internet dove ormai esiste di tutto. Esistono poi "comparatori grafici" dove basta fare una foto col cellulare e con qualche app, in automatico, se si è fortunati e se l'esemplare in oggetto non è troppo "particolare", si può risalire ad un nome.
La squisita conchiglia chiamata capasanta o anche Conchiglia di San Giacomo, di cui ho già parlato nella pagina dedicata alla Nomenclatura, può essere anche un buon esempio per parlare di classificazione scientifica.


La squisita capasanta
Un piatto di capesante gratinate e le belle conchiglie avanzate, ripulite e conservare per essere riutilizzate come originali piatti per piccoli antipasti da buffet. Un buon naturalista dovebbe chiedersi a quale genere e specie appartengono in quanto il cartellino che le accompagna sul banco del pesce al mercato, non basta per assegnare a quesi esemplari un denominazione scientifica corretta in latino.


Denominazione incompleta
Accanto al pescato esposto sul banco al mercato, a norma di legge, dovrebbe comparire in cartellino del prezzo, ma anche il nome scientifico di quanto viene esposto che spesso non compare. La curiosità ha qui il soppravvento e allora è natutrale chiedersi quale specie capasanta mi è stata venduta ed ho mangiato.




La Cappasanta atlantica
Da come si evince dalla foto del banco al mercato, compare il nome "commerciale" Cappasanta atlantica che risulta giusto (Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017), manca però il nome scientifico "latino". Se si cerca nei siti Web dedicati all'argomento della pesca commerciale risulta che questo mollusco, tipico di mari del nord e pescato anche lungo la Manica, si ha il nome scientifico Pecten maximus.


Classificazione della capasanta
Vediamo ora di capire quale specie di capasanta ho mangiato. Laviamo e puliamo le conchiglie e cerchiamo di classificarle in base alla loro morfologia. Il primo passo è quello di individuarle "visivamente" in qualche testo specializzato. Esistono molti libri che trattano di Malacologia (la scienza che si occupa delle conchiglie attuali). Mel Web e nei social come Facebook possimao tintracciar egruppi di appassioneti e associazioni che si occupano dell'argomento. Un buon libro o delle pubblicazioni scentifiche sono però preferibili in quanto consultabili in modo più "scientifico" ed immediato.



Testi specializzati
A sinistra un bellissimo libro che tratta della Malacologia (la scienza che si occupa delle conchiglie attuali) dove però la nostra capasanta nella pagina dedicata ai Bivalvi inspiegabilmente non compare. A destra compare invece in uno storico testo universitario di Paleontologia, però si tratta della specie fossile, ma questo non importa infatti non ha subito variazioni significatvi in milioni di anni: un piccolo "fossile vivente". La conchiglia viene classifcata come Pecten jacobaeus lo stesso nome scientifico che si usa attualmente anche per quelle attuali.



Due specie diverse
Il Pecten jacobaeus rappresentato den testo di Paleontologia suggerisce allora che esiste anche un'altra specie oltre al Pecten maximus acquistato al mercato del pesce.
Esistono infatti due forme che in termine volgare sono dette capesante. La "vera" capasanta, il Pecten jacobaeus chiamata commercialmente Conchiglia di San Giacomo tipica dell'area mediterraneo, ed il Pecten maximus, chiamata commercialmente Cappasanta atlantica, tipica dell'Atlantico molto apprezzate in Normandia, in Bretagna, in Scozia, in Irlanda e in Inghilterra, dove vengono regolarmente pescate lungo la Manica. I nomi commerciali sono stati assegnati col Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017).Quindi questo genere di Pecten a livello commerciale presenta le due specie commestibili jacobaeuse maximus.



Le due specie di capasanta
A sinistra il Pecten jacobaeus, la "vera" capasanta chiamata commercialmente Conchiglia di San Giacomo; destra il Pecten maximus chiamata commercialmente Cappasanta atlantica (Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017).


Differenze morfologiche
In questa immagine, tratta da una pubblicazione scientifica, compaiono le differenze morfologiche tra Pecten jacobaeus, a sinistra, e Pecten maximus a destra. A primo acchito già si vede una certa differenza tra le coste delle due conchiglie che risultano più accentuate in P. jacobaeus. La differenza sostanziale si rivela guardando il bordo delle conchiglie (immagie in basso) dove è evidentissimo il margine con adulazioni dolci in P. maximus.



Determinazione del nome
Questa breve dissertazione dimostra che i molluschi che sono stati acquistati al mercato cono effettivamente della specie Pecten maximus (commercialmente Cappasanta atlantica) che proviene dall'Atalntico nord orientale come giustamente riporta l'etichetta. Occorre precisare però che la specie già apprezzata dal filosofo greco Aristotele sicuramente era la mediterranea Pecten jacobaeus (commercialmente Conchiglia di San Giacomo) dovrebbe essere più apprezzata. Spero di individuarla in qualche mercato rionale così da assaggiarla e conservarne le valve.



Un caso limite della sistematica
Mi riferisco cucciolo di drago. Mi sono ispirato a questo curioso fatto di "cronaca del mistero" non proprio recente, per portare un esempio tipico, e semplicissimo, per far comprendere come funziona la determinazione.
Qualsiasi zoolologo appena vede un essere come quello rappresentato nell'immagine (che ho tratto da uno dei tanti siti del Web che ne parlavano) si fa quattro risate. E' strano: quando si verificano questi casi mai nessun naturalista viene intervistato!
Il piccolo drago ricorda proprio un rettile, forse un sauropode, ma è facilissimo capire che si tratta di una bella imitazione ...che profuma di "goliardia". Il ragionamento per trarre le conclusioni è veramente banale; bastano poche considerazioni:

Il drago è un vertebrato, lo si capisce immediatamente perchè ha uno scheletro interno con delle ossa.
Il drago ha quattro arti, infatti tutti i vertebrati esistenti ne posseggono quattro.
Il drago è anche fornito di ali, come un uccello.
Il drago non è però un uccello: non esistono infatti galline con quattro zampe.
Nei vertebrati le ali sono una differenziazione degli arti anteriori.
Il drago quindi non dovrebbe essere un vertebrato: non esistono vertebrati con sei arti.
Il drago potrebbe essere un insetto perchè gli insetti hanno le ali, ma anche sei zampe.
Il drago quindi non è nemmeno un insetto anche perchè gli insetti poi sono dotati di un esoscheletro.

• Infine, grazie alla Paleontologia, si conosce che durante tutta l'evoluzione delle forme viventi sulla Terra nessun vertebrato ha mai posseduto più di quattro arti. Ergo: il drago non è un essere vivente esistente ...perlomeno sul nostro pianeta.



Il caso del cucciolo di drago
La grande provetta con i resti del piccolo drago "sotto spirto" o formaldeide, così come venne presentato dai media.