Paleontologia generale

Paleoecologia

Questa branca della paleontologia studia e ricostruisce gli antichi ambienti naturali (paleoambienti) attraverso l'analisi degli organismi fossili, delle loro tracce e dei sedimenti che li contengono.



Concetto di tanatocenosi
Per studiare un ambiente attuale occorre esaminarne la biocenosi, cioè l'insieme di forme viventi che vivono in un dato habitat con tracce della loro attività (come ad esempio uno stagno o un prato). La biocenosi viene definita come la componente biotica di un ecosistema composta da una associazione di organismi che vivono in un determinato biotopo (spazio fisico e il supporto inorganico su o in cui vive un organismo). L'habitat è l'"indirizzo" di un essere vivente, mentre la nicchia ecologica è il "mestiere" che svloge (Fundamentals of Ecology, Odum, 1959).
Con la morte degli organismi la biocenosi perde le proprie caratteristiche "vitali" e si trasforma in un insieme statico di resti organici con i resti delle loro tracce di vita e viene chiamata tanatocenosi.




Biocenosi di uno stagno
Il biotopo corrisponde all'area (spazio fisico) in cui un organismo vive, si nutre, si riproduce e muore. Ad esempio vediamo un rospo nello stagno con i vari organismi della biocenosi (stagno presso Montafia, Asti).




Biocenosi
Un grande gasteropode (Lambis sp.) nascosto nella sabbia del fondale nel suo biotopot caratteristico (Parco naturale del Wadi el Gemal, Egitto)


Tanatocenosi
Resti di un gasteropode (Lambis sp.) spiaggiato sulla battigia, ricca di resti di piccoli frammenti di conchiglie (isola di Toubia, Safaga, Egitto).


La tanatocenosi fossile
Una tanatocenosi, sepolta dai sedimenti, potrà fossilizzarsi dando luogo a quella che i paleontologi chiamano Orictocenosi, cioè una associazione composta sia da resti fossili che le loro tracce dette icnofossili (è l'aspetto paleontologico) che dai sedimenti che ne hanno permesso la conservazione (è l'aaspetto litologico). L'analisi di una Orictocenosi fornisce gli elementi per desumere in quale ambiente i fossili vissero e quindi anche di ricostruirlo: si parla quidi di Paleoecologia.
La Paleoecologia si basa sul principio in cui si tiene conto che l'esaminare un solo esemplare fossile è restrittivo: si possono infatti trarre unicamente osservazioni sulla sua conservazione o sulle sue caratteristiche sistematiche. In un sedimento infatti sono spesso conservati altri fossili allo stato frammentario e varie tracce di attività biologica (come ad esempio gli icnofossili).
Pertanto, per eseguire la ricostruzione di un paleoambiente, occorre mettere in relazione più organismi fossili ritrovati negli stessi sedimenti e le loro tracce di vita.
Così come si conservano gli organismi diventando fossili, parimenti anche una tanatocenosi può fossilizzare e conservarsi. L'associazione di fossili e delle tracce della loro attività in Paleontologia prende il quindi nome di Orictocenosi (dal greco orictos = fossilie e cenosis = comunità).
A volte una orictocenosi si trova "sparsa" negli strati, altre volte, come si vede nella foto sottostante, è "concentrata", e si presenta come un ammasso di organismi che a volte presentano anche un impatto estetico positivo.




Orictocenosi a lamellibranchi (pettinidi) del Pliocene di Verrua Savoia (Torino).



Esame di una Orictocenosi
Lo studio di una orictocenosi permette quindi la ricostruzione del paleoambiente (habitat originario in cui vivevano gli organismi fossili) che rappresenta.
Risulta fondamentale considerare se i fossili presenti sono autoctoni (cioè originari del posto) o alloctoctoni (che provengono da altri posti), pertanto si può definre il concetto di autoctonia ed alloctonia.

-Autoctonia: Sono detti autoctoni i fossili che non hanno subito un trasporto, cioè sono conservati nello stesso punto in cui sono deceduti o perlomeno nello stesso loro habitat.
-Alloctonia: Sono detti alloctoni i fossili che hanno subito un trasporto post mortem e si trovano in un habitat totalmente diverso da quello d'origine.




Autoctonia
Un bivalve (Dosinia orbicularis) con valve chiuse ed in posizione di vita: una chiara testimonianza di autoctonia. Rispecchia un'area marina non sottoposta a moto ondoso (Pliocene di Baldichieri, Asti).



Alloctonia
Gusci di conchiglie disarticolte affioranti dai sedimenti, rappresentano un'alloctonia: sono stati trasportati e rimestati dalla risacca fino alla rottura: testimoniano un mare presso la linea di costa (Pliocene di Montafia, Asti).


Dopo aver Individuato gli elementi autoctoni ed alloctoni della orictocenosi, si procede esaminando i seguenti parameti.

-Litologia: il tipo di sedimento che contiene i fossili è endicativo dell'ambiente in cui si è formato (ad es. la sabbia può indicare una ambiente marino vicino alla costa contrariamente all'argilla). Anche la tessitura degli strati può costituire una indicazione utile: ad esempio laminazioni e festoni possono suggerire la presenza e direzione di correnti.
-Associazione fossile. Con questo termine si intende l'insieme dei fossili conservati nel sedimento e/o le loro tracce di attività. La presenza di animali o vegetali di un certo tipo in associazione può infatti rappresentare un determinato habitat. Ad es. se si rinvengono delle conchiglie fossili sicuramente queste suggeriscono chiaramente che ci si trova in un ambiente marino; la presenza di certe specie è poi anche indicativa di temperatura e dell'ambinete di vita (vedere gli argomenti fossili climatici e fossili di facies).


Esempio della determinazione della direzione di una corrente
I metodi adottati per l'analisi di una orictocenosi sono diversi, uno classico è quello dello studio dell’orientazione dei resti fossili di origine marina per determinare la direzione di una corrente.
Nel caso di molluschi bivalvi si parla di idrodinamicità dei gusci che possono posizionarsi sul fondo marino secondo una direzione preferenziale imposta dalla corrente, pertanto è possibile calcolarne la direzione. Sfruttando l'immagine della orictocenosi già vista in precedenza ho riportato gli assi dei gusci del lamellibranchi più in vista (ved. illustrazioni sotto).

Il procedimento si basa su una eleborazione grafica empirica, ma efficace. Dopo aver tracciato i vari assi dei lamellibranchi, occorre fissare un asse di riferimento ed un punto di origine su cui basarsi, quindi:
1- determinare la direzione di spostamento di ogni guscio (ved. freccia nel disegno dimostrativo).
2- misurare l'angolo di incidenza rispetto l'asse di riferimento
3- riportare l'asse nella direzione della freccia, a partire dal punto di origine ("O").
4- ripetere il procedimento per ogni bivalve: si otterrà una "rosa" di direzioni.
5- elaborare graficamente la direzione media (freccia rossa) della corrente.




Determinazione degli assi dei gusci
Gusci di conchiglie disarticolte affioranti dai sedimenti, rappresentano un'alloctonia: sono stati trasportati e rimestati dalla risacca fino alla rottura: testimoniano un mare presso la linea di costa (Pliocene di Montafia, Asti).


Dopo aver riportato la direzione di ogni asse ed il suo angolo di incidenzarispetto l'asse di riferimento, in base al punto "O" di origine, è possibile individuare graficamente la direzione media della corrente. Solo qualche gusco può trovarsi "fuori allineamento", probabilmente sono stati spostati da cause diverse. Nello schizzo sottostante si può notare che la freccia rossa costituisce la risultante che indica la direzione prefereziale della corrente.



Direzione preferenziale della corrente
Esempio della metodologia impiegata per determinare la direzione preferenziale della corrente (l'orientazione della freccia è verso il bordo di ogni guscio).


Esaminiamo una orictocenosi
Lastra di calcare finissimo di origine marina (credo di facies lagunare), che risale al Permiano di Jince (Rep. Ceca), sotto rappresentata, contiene due esemplari di Discosauriscus sp., un piccolo anfibio, un ramoscello di Lebachia sp. ed, in alto al centro, un frammento di vegetale non meglio identificato. La presenza di questi anfibi ne testimonia l'autoctonia (possono vivere sia sulla terra che in acqua), mentre i vegetali provengono dalla vicina riva. Questo è un esempio di orictocenosi parzialmente alloctona.





Una orictocenosi parzialmente alloctona. Una splendida orictotocenosi che risale al Permiano ino cui si notano due esemplari di Discosauriscus sp., un piccolo anfibio, un ramoscello di Lebachia sp. (per gentile concessione del Museo di Storia Naturale Don Bosco di Valsalice di Torino).




L'ambiente marino
Un attento lettore penso che già si sia accorto che i fossili di cui si tratta risultano generalmente essere quelli marini: non è un caso. La maggior parte del sedimenti che contengono fossili presentano infatti questa origine: rari sono quelli di tipo continentale (lacustri, fluviali, carsici, ecc.). Il ritrovamento di vertebrati terrestri, anche per questo motivo, non è infatti un evento comune.
Pertanto i sedimenti ed i fossili di origine marina risultano essere i più ricorrenti e, di conseguenza, i più studiati. Anche la ditattica segue questa strada, anche perchè lo studio di depositi continenetali risulta più complesso.
Proseguendo quindi su questa strada riporto alcuni concetti riguardo la biologia marina (scienza che studia l'ambiente marino attuale) che risultano essere indispensabili a chi si avvicina alla peleontologia. La bilogia marina suddivite il mondo meraviglioso del mare in:

- benthos: formato da organismi che vivono sul fondo (piante acquatiche come le alghe e animali come molluschi, stelle marine, ecc.). Gli organismi marini bentonici possono essere:
epiobionti, se vivono sulla superficie del fondo marino. Un tipico esempio è Mytilus edulis (la "cozza", per capirci), organismo sessile, cioè che sta ancorato al fondale (scogli, in questo caso).
endobionti, se vivono sepolti nel sedimento del fondo. Faccio l'esempio di Ensis minor (il "canolicchio", per capirci).
- necton, formato da organismi, come i pesci e i cetacei, in grado di nuotare liberamente nell'acqua e di spostarsi indipendentemente vincendo quindi il moto ondoso e le correnti.
- plancton, formato da innumerevoli microrganismi e organismi di piccole dimensioni, incapaci di muoversi autonomamente, che fluttuano lasciandosi trasportare dalle correnti.

In base a questi criteri biologici l'ambiente marino viene definito e suddiviso schematicamente nei vari sotto-ambienti (chiamati piani) che ho rappresentato (semplificati) nella tabella in basso, in riferimento alla morfologia del fondo marino di cui si è trattato nelle pagine riguardanti le rocce sedimentarie.




Tabella degli ambienti marini tratta da Paleontologia generale, Aart Brouwer, Biblioteca EST Mondadori, 1971.




Schema sintetico degli ambienti marini elaborata dallo scivente.


Occorre precisare che la maggioranza di forme viventi si localizza nella zona fotica, cioè fin dove arriva la luce, fascia dove sono presenti quindi anche i vegetali (detta anche zona fitale per la loro presenza). Dalla tabella vediamo che questa si protrae fino ad una profondità di 200m, in effetti questo valore può ridursi notevolmente in base alla trasparenza delle acque. Al di stto si parla di zona afotica o afitale. Esaminiamo brevemente questi ambienti e piani.

Ambiente Neritico: compreso tra il L.m.m. (livello medio marino che è di 0m) e i -200m, diviso nei piani:

-Litorale , compreso tra bassa ed alta marea, composto da:
-piano sopralitorale, è il confine con la zone aerea: l'ambiente marino giuge fino ai "primi spruzzi" d'acqua (o anche solo quella nebulizzata dal vento).
-piano mesolitorale, compreso tra la zone di bassa ed alta marea è quello che incontriamo durante una passeggiata sulla spiaggia. Nel nostro paese le maree son di bassa entità, ma se osserviamo il livello del mare durante la giornata ci accorgiamo del suo avanzare o regredire. In questa fascia si possono osservare una immensa e svariata quantità di animali che è ecologicamente preziosissima per l'equilibrio ambientale: è il primo ad essere distrutto dal turismo di massa! Pensiamo alle spiagge dell'Adriatico.
-Sublitorale, giunge fino ad una profondità di -200m è suddiviso in:
-piano infralitorale, zona sempre sommersa che giunge fino a -50m circa, profondità limite per la prateria a posidonie, tipiche piante marine che popolano questa porzione pianeggiante corrispondente alla piattaforma continentale. Questi vegetali, ecolocicamente importantissimi, costituiscono una massa frenante del moto ondoso, smorzano l’impatto idrodinamico sul litorale, rallentando l’erosione costiera fungendo da trappole di sedimento.
-piano circalitorale che si spinge fino a -200m circa si spinge fino alla massima profondità compatibile con la vita vegetale.

Ambiente Oceanico o Pelagico, poco conosciuto, sotto i -200m, comprende i piani:
-Batiale corrisponde alla zona della scarpata continentale e la sua continuazione a bassa pendenza in mare aperto, si spinge fio ad una profondità massima di 4500m. Qui vivono solo organismi planctonici e rarissime forme di vita (in tutti i sensi).
-Abissale è una piana, posta al di sotto dei -4500m che costituisce il vero fonfo marino dove i sedimenti sono melmosi e la vita è poco conosciuta.
-Adale (non riportato nella tabella) corrisponde ai fondi delle fosse oeaniche e raggiunde le massime profondità conosciute.

Nota. Si fa presenta che le profondità citate sono valori medi tratti da vari autori. In effetti sono passibili di varazioni, in quanto non tutti i fondi marini non sono uguali anche se presentano caratteristiche molto simili.




Piano mesolitorale
Una colonia di crostacei cirripedi (Balanus sp.) ancorata su di uno scoglio di arenaria grossolana bruciato dal sole di luglio durante la bassa marea (White Knight Bay, Sharm El Sheik, Sinai, Egitto).




Piano infralitorale
Una tartaruga marina (Caretta caretta), dal carapace di circa 1m di lunghezza, nuota nel basso fondale (circa 3m) della prateria a posidonie nella nella Baia di Akumal (Penisola dello Yucatan, Messico), in compagnia dell'inseparabile pesce pilota.



La facies
Quanto visto sopra, riguardo l'esame di una orictotocenosi, ci fa capire che sedimenti e fossili in essa contenuti sono in stretta relazione e forniscono molte indicazioni utili per ricostruire l'ambiente originario. Una orictocenosi, oltre ad avere una un'origine biologica, presenta anche una componente abiologica che è rappresentata dai sedimenti (entrambe sono stati sottoposti al processo di diagenesi che li ha trasformati in fossili); l'insieme di tali caratteristiche comuni viene detto facies.
Per definizione la facies è l'insieme delle caratteristiche litologiche e paleontologiche che individuano un dato sedimento, concetto importantissimo, se non fondamentale. Una facies . Una facies si forma attraverso un iter ben preciso che riassumo nello specchietto seguente.





Si può quindi asserire che esiste una precisa relazione tra ambiente e facies questo ne determina una tipologia che, di massima, è la seguente:

- facies di ambiente continentale: vulcanica, eolica, di frana, glaciale, alluviale, limnica, di incrostazione.
- facies di ambiente lagunare o di estuario: lagunare, salmastra, di estuario, deltizia, di maremma.
- facies di ambiente marino: facies costiera, litorale, sublitorale, batiale, abissale, adale.

Le facies possono essere messe in relazione tra loro. Esiste in fatti una classificazione dei vari tipi di facies in rapporto alle loro relazioni, ne riporto una sintesi sotto.

- Isomesiche: che presentano lo stesso mezzo di sedimentazione.
- Eteromesiche: che presentano diverso mezzo di sedimentazione.
- Isotopiche: che si trovano nella stessa provincia geografica.
- Eterotopiche: di diversa provincia geografica.
- Isopiche: che indicano ambienti con condizioni fisiche uguali.
- Eteropiche: che indicanoambienti con condizioni fisiche diverse.


Fossili di facies
Esistono animali e vegetali il cui ritrovamento, similmente ai "fossili guida", costituisce un preciso indizio dell'ambiente in cui sono vissuti. Presentano la caratteristica di essere altamente "specializzati" per vivere in particolari ambienti dove temperatura, umidità, luce, salinità dell'acqua, sostanze nutritive, ed altro ancora e sono pertanto rappresentativi di un particolare ambiente. Gli organismi fossili che presentano queste caratteristiche sono detti fossili di facies e sono anche indicativi di un preciso tipo di sedimento. Riporto sotto due esempi.




Facies neritica (piano litorale)
Fissurella sp. (Pliocene med., Asti) gasteropode che vive sugli scogli presso la riva.


Facies neritica (piano infralitorale)
Panopaea sp. (Pliocene med., Asti) bivalve che vice infossato (endobionte) nel basso fondale.


Fossili climatici
Anche molti animali e vegetali che vissero nel passato, similmente ad oggi, furono caratterizzati dal vivere in climi caldi o freddi o con particolari caratterisriche. Tali organismi fossili sono detti fossili climatici. Essendo indicativi di un preciso ambiente sono utili per ricostruire i climi del passato e la loro distribuzione paleogeografica ci permette di ricostruire la storia climatica della Terra, ad esempio possiamo avere:

- Faune e flore di ambienti caldo e freddo: ad esempio le felci indicano un ambiente caldo.
- Organismi eurialini o stenoialini: esistono faune marine che sopportano bene le variazioni della salinità delle acque (eurialini). Alcune specie d'acqua dolce come storioni, anguille, salmoni ed alcune trote addirittura vivono anche in acqua salata. Altri (stenoialini) invece soccombono.
- Organismi biocostruttori: importanti perché indicano mari caldi creando strutture tipiche di ambienti particolari quali barriere madreporiche, bioherme (con organismi che si sviluppano in posizione di vita in senso verticale), biostrome (con organismi che si sviluppano in posizione di vita in senso orizzontale). Sotto riporto due esempi tipici




Fossili di clima cadovbr> Una Alethopteris sp. del Carbonifero del Begio, tipico appresentante delle Pteridospermae, un gruppo di piante fossili del periodo Carbonifero. I resti si rinvengono in numerosi giacimenti e denotano un clima caldo e umido, che ospitava numerose altre forme arboree di grandi dimensioni. (per gentile concessione del Museo di Storia Naturale Don Bosco di Valsalice di Torino).




Fossili di clima freddo
Arctica (Cyprina) islandica del Quaternario della Sicilia, un bivalve tipico di climi freddi (da Il grande libro della preistoria, G. Pinna, Ed.Vallardi, Lainate 1981)