Paleontologia generale

Formazione dei fossili

I fossili, studiati dalla Paleontologia, sono resti e tracce di attività biologica riconoscibili degli esseri viventi vissuti in epoche passate e sono testimonianze irrepetibili della storia della vita sulla Terra.




Cosa sono i fossili
Il termine fossile deriva dal verbo latino fòdio, is, fodi, fossum, fodère (scavare) e anticamente veniva usato per indicare qualsiasi oggetto che si rinveniva sepolto (fossilia = cose oggetto si scavo) come ad esempio i minerali. Questa parola iniziò ad essere adottata in ambito scientifico solo alla fine del '700.
I fossili sono resti e tracce di attività biologica riconoscibili di qualsiasi essere vissuto in epoche passate e sono testimonianze irrepetibili della storia della vita sulla Terra. Ogni organismo vivente, dopo la morte, potenzialmente può conservarsi diventando un fossile, occorre però che si venga a trovare in certe condizioni particolari: deve essere velocemente sepolto da dei sedimenti.
Un esempio classico può essere quello di una conchiglia marina che, dopo la morte, adagiata sul fondo, viene ricoperta di sabbia. Le condizioni ottimali di conservazione dipendono dalla tipologia di sedimenti che lo ricopriranno.

Definizione di fossile
Con questo termine attualmente si identifica ogni resto o traccia di organismo vivente che, attraverso ad un processo geologico che a volte può durare milioni di anni, si conserva inglobato nelle rocce sedimentarie, unico tipo di rocce in cui di norma si possono conservare resti di organismi fossilizzati.
La paleontologia studia questi resti e, attraverso il loro esame, riesce a ricostruirne l'aspetto originario, a tracciarne l'evoluzione ed a ricostruire gli antichissimi habitat in cui questi organismi vivevano (paleoecologia).

Rarità di un fossile
Se pensiamo a quanti organismi muoiono sul nostro pianeta ogni giorno, siano questi vegetali, insetti, vertebrati o altri, possiamo capire quanto siano ridotte le possibilità che un organismo possa trovarsi nelle condizioni ottimali che ne possano permetterne la conservazione.
In conclusione si può asserire che, tra tutti i fossili che durante tutta la storia del nostro pianeta hanno avuto il privilegio di conservarsi, solo una minima parte è stata scoperta: la gran parte è stata distrutta ed altri giacciono sepolti magari a pochi metri sotto le nostra scarpe ...e non avremo mai occasione di estrali!
Pertanto conosciamo ben poco sugli esseri viventi che hanno popolato la terra durate tutta la sua storia biologica: le statistiche parlano di valori inferiori al 10%.



La Tafonomia
Tafonomia è un termine, di recente coniazione (dal greco tàfos = tomba, sepoltura e nòmos = legge, regola), studia le varie fasi che possono portare un organismo a trasformarsi in un fossile e ne studia le tre tappe principali: morte, seppellimento e fossilizzazione.
Ogni organismo vivente, dopo la morte, potenzialmente può conservarsi diventando un fossile, occorre però che si venga a trovare in certe condizioni particolari. Le condizioni ottimali di conservazione dipendono dal sedimento inglobante (deve essere molto fine) e dal tempo che intercorre tra la morte ed il seppellimento (deve essere molto breve). L'organismo dunque da essere isolato completamente dall'ambiente esterno in brevissimo tempo.
Questo fenomeno naturale viene influenzato dalla presenza di fattori intrinseci ed estrinseci la cui presenza puo' compromettere il risultato del processo.


Processi biostratinomici
La biostratinomia studia la successione temporale degli eventi che avvengono in un ambiente naturale a partire dalla morte di un organismo, fino ad un suo possibile seppellimento. Questo insieme di processi, che consistono nella decomposizione, disarticolazione, bioerosione, dissoluzione, ecc., possono favorire o meno la sua fossilizzazione. Al termine di questa successione di fenomeni, se l’organismo viene seppelltio dai sedimenti e in questi inglobato, hanno inizio i processi geologici di diagenesi che trasformeranno i suoi resti in un futuro possibile fossile.


Condizioni di fossilizzazione
Dopo la morte di un organismo si avviano le varie tappe tafonomiche che iniziano con il suo seppellimento e si concludono con la fossilizzazione che avviene attraverso una serie di processi. Un organismo per fossilizzarsi necessita normalmente di tempi lunghissimi la cui durata esula dal concetto di tempo quantificabile dall’uomo: si parla di tempo geologico.
Si verificano infatti una serie di processi geologici e chimici (indicati con il nome generico di diagenesi) che trasformano i resti di un essere vivente in “pietra” (litificazione), cioè in un fossile. Esistono varie modalità di fossilizzazione determinate sia dal tipo di sedimenti in cui l’organismo viene sepolto che dal tipo stesso di organismo (presenza o meno di parti consisteti, composizione chimica, ecc.). Esistono vari fattori che influiscono sulla sua conservazione e che sotto ho brevemente preso in considerazione.


Fattori intrinseci
Questi fattori dipendono dalla composizione dell'organismo stesso. La presenza di parti resistenti quali gusci od ossa incrementa la possibilità di conservazione, mentre un organismo composto da parti molli (una medusa ad esempio) ha pochissime possibilità fossilizzarsi.
Le sostanze che generalmente hanno più probabilità di conservarsi sono le seguenti:

Calcite (modificazione esagonale-rombica di CaCO3) tipica di moltissimi invertebrati
Aragonite (modificazione orto-rombica di CaCO3) meno stabile, tipica delle conchiglie dei molluschi
Fosfato di calcio (CaPO4) tipica delle ossa dei vertebrati
Calcedonio (SiO2, silice amorfa, che disidratandosi si traforma in opale) tipica dei radiolari e diatomee
Lignina, particolarmente resistente, tipica del legno
Chitina e cheratina, resite anche agli acidi, è tipica degli insetti

Fattori estrinseci
Questi fattori non dipendono direttamente dalla composizione dell'organismo: si riferiscono ad aggressori biologici, chimici e meccanici esterni. I resti possono essere infatti aggrediti da batteri e organismi saprofagi, possono essere smembrati e dispersi dall'azione delle acque dilavanti, dal vento o distrutti da susseguirsi di vari fenomeni geologici.
Quando l'organismo si trova sepolto nei sedimenti inizia infatti un percorso di "pietrificazione", chiamato diagenesi, che trasforma l'organismo in un fossile.
La diagenesi è un susseguirsi di fenomeni di interazione chimico-fisica tra gli strati sedimentari e l'organismo in questi sepolto.
Se la diagenesi risulta troppo "spinta" il fossile cambia totalmente la propria composizione e tale processo può dar luogo ad un vero e proprio "metamorfismo" che distruggere ogni parte del fossile e trasforma la roccia sedimentaria che lo ingloba in una completamente diversa (roccia metamorfica).
Altro fattore estrinseco che concorre alla disgregazione di un fossile è dato infine dall'erosione.


Processi di fossilizzazione
L'insieme di tutti quei fenomeni naturali che portano un organismo, dopo la morte, a trasformarsi in un fossile vengono chiamati processi di fossilzzazione. Occorre puntualizzare che l'organismo deve essere a priori seppellito in un sedimento che lo isoli completamente dall'ambiente esterno per un tempo lunghissimo.
I paleontologi dividono il processo di fossilizzazione in due modalità principali: il processo normale e quello eccezionale.


Processi "normali"
Questo processo costituisce la gran maggior parte dei casi di conservazione e può essere a sua volta diviso in due tipi di modalità: quella diretta e quella indiretta.

1- Fossilizzazione diretta
In questo caso l'organismo giunge fini a noi apparentemente conservato in ogni sua parte. In verità processi chimici a volte lunghissimi hanno contribuito a modificare gusci, ossa, denti, ecc., fino a sostituirli con sostanze completamente differenti da quelle originarie. Vediamo alcuni casi tra i più frequenti.


Guscio pseudomorfo
Due gasteropodi del Pliocene del piemonte (Asti). A sinistra: gen. Murex, a destra: gen. Natica.
Le due conchiglie sembrano perfettamente conservate (in effetti non paiono "fossiizzate" (una presenta ancora il colore), ma in effetti si tratta di un processo di sostituzione molecola per molecola delle sostanze meno stabili delle strutture originarie. Solo un esame chimico ed al microscopio può dirci se la sostituzione è parziale o totale. A volte si può trattare di solo riempimento delle microcavità liberate della sostanza organica, mentre il fossile rimane inalterato. Nell'esemplare del gen. Natica (a dx) si nota una eccezionale conservazione del colore.



Sostituzione molecolare
Alcuni denti di squalo, Eocene (Anversa, Belgio).
Anche le ossa ed i denti possono subire un processo di sostituzione molecolare parimenti ai gusci delle conchiglie. Questi denti di squalo presentanp visivamente tutte le caratteristiche originali: similmente si conservano anche le ossa dei grandi dinosauri.


Mineralizzazione
Tronco silicizzato, Cretaceo (Argentina).
Trasformazione delle parti dure dell'organismo in minerale stabile. Frequente nei vegetali è il processo di silicizzazione dove, come in questo caso, il tronco viene completamente trasformato in silice conservando la struttura originale. Esistono anche mineralizzazioni in pirite, gesso ed argento.
Carbonificazione
Frammento di legno carbonificato, Pliocene di Cassine (AL)
Anche questa modalità di conservazione, caratteristica dei sedimenti con componente argillosa, risulta tipica dei vegetali. A differenza della carbonizzazione (che invece ha come causa la combustione) è' in pratica una specie di fermentazione a lungo termine delle parti organiche. Anche in questo caso la struttura viene conservata ed è possibile un esame microscopico del campione.



Demineralizzazione
Livelli a molluschi (Isognomon), Pliocene presso Cortandone (AT), 1973
E' il caso completamente opposto a quello della mineralizzazione. Ad esempio il minerale stabile dei gusci delle conchiglie del Pliocene di Asti spesso viene sostituito da minerali meno stabili e pertanto i gusci diventano fragili e si disfano solo a sfiorali, polverizzandosi.
Spesso si conservano solo i gusci dei lamellibranchi quali pettinidi ed ostree che possono presentare delle caratteristiche fisiche e chimiche particolari, che risultano favorevoli alla conservazione.


Un bivalbe demineralizzato
Esemplare di Isognomon del Pliocene, cava presso Montafia (Asti), 1974.
Un evidente segno di demineralizzazione si osserva in questo bivalve: il guscio completamente demineralizzato si è ormai trasformato in un polvere di color biancastro.



2- Fossilizzazione indiretta
Questo processo avviene in caso di completa demineralizzazione e porta alla formazione di impronte e modelli. In questi casi l'organismo non si conserva direttamente, ma viene distrutto per demineralizzazione e la sua parte mancante può essere sostituita per riempimento con materiale secondario. Nel caso in cui non sia colmato può rimanere uno spazio vuoto con solo un'impronta esterna o un calco interno.


Modello interno ed impronta esterna
Gasteropode del genere Murex del Pliocene (Belvelio, Asti).
Spezzando un grosso nodulo arenaceo, compare il modello interno (internal mold) del gasteropode che ha subuto un completo processo di e demineralizzazione.



Impronta esterna (external mold)
Bivalve della fam. Veneridae, Pliocene, Masserano (Biella).
Della conchiglia originale non rimane altro che l'impronta del guscio. Dal punto di vista paleontologico è utile perchè si è in grado di identificarne il genere di appartenenza grazie all'ornamentazione esterna che ci permette di riconoscerlo. Eseguendo un calco con resina speciale, si potrà ricostrure l'aspetto del bivalve.
Modello interno (internal mold)
Modelli interni di gasteropodi, Pliocene, Cortandone (Asti).
L'interno delle conchiglie è stato riempito di materiale secondario. Sono esteticamente validi, ma dal punto di vista paleontologico poco utili perchè non si è in grado di identificarne con esattezza il genere di appartenenza in quanto manca l'ornamentazione esterna che ci permette di riconoscerlo.



Impronta esterna su modello interno
Ammonite gen. Garantiana, Giurassico, Digne (Provenza, F).
I casi di modello interno ed impronta esterna si sono verificati, ma per la pressione delle rocce sovrastanti, l'impronta esterna va ad aderire sul modello interno e su questo va a "stampare" la morfologia del guscio. In tal modo lo spessore del guscio viene annullato ed il fossile risulta quindi di dimensioni ridotte rispetto a quelle reali.
Pseudoguscio
Gasteropode gen. Fedajella Triassico, val Brembana (BG).
Il guscio viene distrutto e lo spazio vuoto che si trova tra imodello interno ed impronta esterna viene riempito con materiale secondario completamente diverso da quella originale. Osservando attentamente la foto si può notare che, in seguito a processi diagenetici, in questo caso, lo pseudoguscio di calcite si è addirittura cristallizzato.



Processi di fossilizzaziomne "eccezionali"
Questo processo, come già descrive la parola, costituisce un fatto rarissimo: qui il fossile viene conservato totalmente in ogni sua parte. Tipico delle conservazioni eccezionali è quello dei mammut della siberia congelati nel permafrost, suolo particolare, tipico dell'ecosistema della tundra, che rimane congelato perennemente (in teoria).
Più modestamente voglio solo riportare il caso tipico della fossilizzazione in ambra. Questo materiale ha origine della resina che gocciola generalmente dalle conifere, ancora fluida, durante il suo percorso lungo i tronchi degli alberi, a volte ingloba insetti o addirittura piccoli animali.
Se questo prodotto di essudazione, una volta raggiunto il suolo, viene coperto da sedimeti si può conservare "fossilizzandosi" attraverso un iter preciso. Dopo circa 40 mila anni si trasforma in copale, lo stadio successivo la modifica ulteriormente (ma non si tratta di effettiva fossilizzazione) e prende infine il nome di ambra. Queste terminologie non sono considerate "scientifice": serebbe più giusto chiamarla generalmente "resina fossile" ...anche se non subisce un vero processo di litificazione. La resina èi nfatti una sostanza che non è in grado di fossilizzarsi (cioè trasformarsi in minerale): anche dopo milioni di anni, è in grado di bruciare emanando il suo aroma caratteristico.
La resina solitamente viene prodotta in eccesso in caso di stress "ecologico" (ad es.: variazioni della tremperatura) pertanto il ritrovamento di resina fossile può essere un indicatore "paleoecologico".
Ricordo che l'ambra opportunamente lavorata è considerata una "pietra" preziosa.
Se una bacchetta di ambra viene sfregata energicamente su di un tessuto, quale ad esempio la lana, si carica negativamente di cariche elettrostatiche: infatti è in grado di attirare pezzettini di carta. Gli antichi greci chiamavano l'ambra "electron": fonte etimologica di molte parole quali "elettrone", "eletticità", ecc..


Fossilizzazione in ambra
Ambra lucidata (lung.=40mm) con un un insetto inglobato, Eocene, mar Baltico,
La resina che gocciola generalmente dalle conifere, ancora fluida, durante il suo percorso lungo i tronchi degli alberi, a volte ingloba insetti o addirittura piccoli animali. È quindi molto ambita dai collezionisti di fossili e per questo motivo esistonodei falsi prodotti con resine palstiche.




Difficoltà di riconoscimento dei fossili
Altri fattori estrinseci concorrono a rendere ulteriormente difficoltoso il processo di fossilizzazione ed complicano la vita ai paleontologi rendendo difficoltoso lo studio ed il riconoscimento del fossile stesso. Ricordo i casi principali: le deformazioni, i fattori distruttivi biologici e la risedimentazione..


Deformazioni
La pressione dovuta all'accumulo degli strati sedimentari sovrastanti ed il loro lento movimento nei tempi geologici, porta a deformazioni plastiche (stiramenti, schiacciamenti, torsioni, ecc.). Se si verificano movimenti improvvisi o cedimenti (ea edempio terremoti) si originano deformazioni clastiche (rotture e fessurazioni in genere). Tali deformazioni spesso alterano profondamente la forma originale dell'organismo.



Deformazione per stiramento
Brachiopode del genere Ortis, Ordoviciano, Sardegna.
Il movimento dei sedimenti per lento stiramento ha deformato questo esemplare. La conchigla del brachiopode conservata come parziale modello interno è stata llungara ed anche schiacciata.



Deformazione plastica
Ammonite, Dogger (Giurassico), Digne (Francia)
Le pressione di sedimenti sovrastanti ha deformato l'ammonite per schiacciamento (è stata appiattita notevolmente) e leggero stiramento; è conservata con impronta esterna su modello interno.
Deformazione clastica
Ampullina sp. del Biarritziano (Eocene), Roncà (VI)
Un cedimento del sedimento sovrastante ha provocato delle rotture clastiche.Si può notare il guscio del gasteropode (lunghezza di circa 50 mm) che presenta evidenti e numeose fratture del guscio.


Fattori distruttivi biologici
Un esempio tipico sono le spugne Clionidi, famiglia di spugne Monassonidi che, forse per mezzo della secrezione di un acido, hanno la caratteristica di forare le rocce calcaree a cui aderiscono, ma anche i gusci di conchiglie distruggendoli quasi completamente rendendo gli esemplari sistematicamente irriconoscibili. L’azione delle spugne perforanti rappresenta un importante elemento nei processi di erosione delle rocce calcaree e quindi di conseguente di grande produzione di sedimenti.



Le spugne Clionidi
Le spugne Clionidi hanno la caratteristica di forare le rocce calcaree a cui aderiscono e anche i gusci di conchiglie. In questo caso vediamo l'effetto distruttivo su uno Strombus coronatus. A sinistra: un esemplare integro di Strombus coronatus del Pliocene medio della zona di Santo. Stefano Roero (AT); a destra: un esemplare di Strombus coronatus del Pliocene della zona di Ceriale (SV) completamente distrutto.


Risedimentazione
L'erosione a volte può disgregare e disperdere il contenuto in fossili presente nelle rocce sedimentarie. Ad esempio, se queste sono tenere, può avvenire che il loro contenuto paleontologico venga alla luce e sia trasportato lontano dalle acque dilavanti e possa essere "risedimentato" venendo quindi ricoperto nuovamente da altri sedimenti.
Se i fossili invece non vengono isolati e si trovano ancora nel sedimento compatto, la masserella rocciosa che lo contiene, se trascinata in un corso d'acqua, può trasformarsi in una ciottolo). Quindi spezzando i ciottoli si possono rinvenire nel loro interno dei fossili: si tratta della conservazione in noduli, una classica tipologia di conservazione.
Queste sono "rifossilizzazioni" vere e proprie che possono creare dei problemi di datazione: infatti un fossile più antico verrà a trovarsi in sedimenti più recenti contenenti fossili appartenenti a epoche diverse.
Sotto ho riportato alcuni esempi interessanti.



Nodulo calcareo
Ciottolo calcareo prodotto dello smantellamento di rocce sedimentarie fossilifere contenente un gasteropode del genere Gibbula del Miocene della Terra del Fuoco (Coll. del Museo di Storia Naturale Don Bosco di Torino). Il fenomeno si verifica quando all'interno di frammneti rocciosi si trovano dei fossili. La roccia sottoposta a trasporto tende a perdere materiale nelle zone meno consistenti (zona intorno al fossile) che risulta più compatto.



Nodulo calcareo risedimentato
Ciottolo calcareo, prodotto dello smantellamento di rocce sedimentarie fossilifere, contenente uno splendido crostaceo del genere Portunites dell'Oligocene dell'Alaska (Coll. del Museo di Storia Naturale Don Bosco di Torino). Il fenomeno è analogo dell'esempio precedente, ma la curiosità sta nel fatto che il ciottolo quando è stato raccolto era in fase di risedimentazione sul fondale marino. Testimoni del fenomeno sono i crostacei cirripedi attuali (del genere Balanus) presenti sul ciottolo stesso (foto a sinistra).



Pseudofossili
Gli "pseudofossili" sono caratteristiche concrezioni di origine minerale che assumono forme particolari che possono far pensare ad un resto fossile. Costituiscono praticamente "analogie morfologiche" (quasi delle pareidolie) che ad un superficiale esame possono trarre in inganno lo sprovveduto, ma esaminando con attenzione il particolare si può risalire facilmente alla origini. del fenomeno.



Dendriti
Letteralmente dal greco a forma d'albero, sono infiltrazioni di ossidi tra gli strati del sedimento. Formazioni tipiche le vediamo nella foto del "calcare litografico" del Giurassico (Malm) di Solnhofen (Germania): possono ricordare dei vegetali (larghezza massoma del campione circa 9 cm).
Le Gogotte
Sono concrezione di arenaria con cemento siliceo (silice depositata dall'acqua che circola all'interno dello strato di sabbia). Sono stati trovati solo in Francia, in sitii molto rari che si trovano in una formazione geologica chiamata "sabbie di Fontainebleau". A volte assumono un aspetto stranissimo.



Sub-fossili
Si definiscono sub-fossili quegli organismi geologicamente recenti e che non hanno subito un processo di fossilizzazione vero e proprio (occorre tener presente che la fossilizzazione non sempre è proporzionale all'età del reperto). Questo concetto in effetti risulta poco chiaro e controverso: non esiste un criterio di valutazione preciso. Cito due testi che sono stati pietre miliari della Paleontologia.
Secondo Aart Brower (Aart Brouwer, Paleontologia Generale, Ed. Scientifiche e Tecniche Mondadori, 1972, pag.29) li definisce come gli organismi morti e sepolti in un sedimento che ...possono venire conservati per lungo tempo seza subire modificazioni, ma ciò non rappresenta una vera e propria fossilizzazione. Esempi di questo tipo di conservazione, conosciuti come sub-fossili, si trovano frequentemente nei depositi dell'Olocene, mentre diventano molto più rari in depositi più antichi.
Secondo il prof. Roberto Malaroda, Università di Torino, (Roberto Malaroda, Paleontologia Generale, Ed. Cedam, Padova 1975, pag.27) i sub-fossili devono essere: ...resti che hanno subito solo trasformazioni minime o inapprezzabili. Vanno inoltre esclusi dalla categoria dei fossili quei resti che ...appartengono a periodi storici, cioè databili posteriormente alla scoperta della scrittura.
Pertanto uno scheletro di un antico romano ritrovato un una tomba non è uno sub-fossile, ma è un reperto archeologico e può interessare anche l'antropologia.
Per contro se, in sedimenti alluvionali nei pressi della tomba di cui sopra viene alla luce un teschio di un bufalo selvatico estinto e risalente all'età della tomba stessa, può essere in verità considerato un sub-fossile, ma essendo estinto interessa la paleontologia.



Un tipico esempio di sub-fossili
Nel 79 d.C. Pompei fu interessata dall'eruzione del Vesuvio, che la seppellì sotto una coltre di materiali piroclastici di altezza variabile dai cinque ai sette metri, determinandone la fine. Si sono ritrovati molti corpi dei suoi sfortunati abitanti inglobati nei sedimenti vulcanici. Sono praticamente "fossilizzati", ma la loro modalità di conservazione esula dalla classica definizione di fossile che riguarda il campo della Paleontologia.