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Mare Nostrum
Aspetti naturalistici e di biologia marina del Golfo Dianese
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Una nuova esperienza sulla biodiversità
Dopo molti anni di vacanze estive e viaggi trascorsi nei mari tropicali a visitare specialmente le "barriere coralline" del Mar Rosso, ho voluto dedicarmi all'esplorazione natutalistica di un mare più vicino, il Mediterraneo. Qui mi sono però trovato in grande difficoltà nel riconoscere gli abitanti del nostro mare, più difficili sia da rintracciare che da fotografare. Poco alla volta ho però acquisito esperienza e, sempre utilizzando la tecnica dello snorkeling (che consiste nell'immergersi solo con maschera e tubo-resiratore, chiamato in inglrese appunto snorkel), ho potuto raccogliere diversa documentazione naturalistiche non solo marina.
Ho così notato che la fantastica biodiversità degli ecosistemi marini tropicali non ha nulla da invidiare a quella meno appariscente, ma sempre importanissina, del Mare Nostrum. Ho deciso quindi di aprire questa sezione che dedico agli amici di San Bartolomeo al Mare, cittadina turistica baleare presso Imperia. In questa pagina vengono descritti diversi aspetti naturalistici del mare di questa località. Se non differentemente specificato tutte le foto sono state scattate dallo scrivente nella zona di San Bartolomeo.
Il mare di casa nostra
Con la locuzione latina Mare Nostrum gli antichi Romani indicavano il Mediterraneo, termine che deriva ancora da una parola latina: mediterraneus, che significa "in mezzo alle terre". Il Mar Mediterraneo (detto più brevemente solo Mediterraneo) è infatti situato tra Europa, Nordafrica e Asia occidentale.
È considerrato un mare interno dell'Oceano Atlantico, da cui è dipendente e a cui è connesso a ovest tramite lo stretto di Gibilterra. Lo stretto del Bosforo lo collega a nord-est al Mar Nero mentre il canale di Suez, artificiale, lo collega a sud-est al Mar Rosso e quindi all'Oceano Indiano. Quindi il Mediterraneo ospita anche faune e flore marine che in parte provengono da questi mari definite come aliene.
Il 17 novembre 1869, realizzato dal francese Ferdinand de Lesseps su progetto dell'ingegnere italiano di nazionalità austriaca Luigi Negrelli, venne inaugurato il canale di Suez. Fu da allora che venne "sconvolta" la geomorfologia mediterranea che regnava da decine di milioni di anni: questa stretta apertura mise in contatto le acque calde del Mar Rosso con quelle del Mediterraneo.
I due mari entrarono così in comunicazione dando luogo ad un processo migratorio particolare che iniziò a sconvolgere l'equilibrio biologico marino: le specie di animali e vegetali marini incominciarono a spostarsi da un mare all'altro. Le conseguenza si percepisce molto chiaramente ora, dopo circa 150 anni, nel vedere specie marine aliene (di tipo tropicale) del Mar Rosso iniziare a spostarsi nelle zone più calde del Mediterraneo. Queste "specie" (non intese nel senso strettamente tassonomico) vengono chiamate specie lessepsiane in "omaggio" (si fa per dire) all'imprenditore francese Ferdinand de Lesseps che realizzò il canale di Suez.
San Bartolomeo al Mare
Situata nella provincia in Imperia, al centro del Golfo Dianese, chiusa tra Diano Marina e Cervo, questa località turistica balneare della Liguria è diventata per me un nuovo campo di "ricerca" naturalistica. Frequentando questa zona, da buon naturalista, ho infatti voluto immergermi nelle acque del Mediterraneo (e non solo per osservarne la natura.
Dopo anni dedicati all'osservazione diretta dell'ecosistema tropicale delle barriere coralline (vedere sezione dedicata in queste pagine) praticare lo snorkeling nel mare di San Bartolomeo è stato per me un evento inizialmente traumatico. Subito l'apparente assenza di fauna marina (ero abituato ai mari tropicali) mi ha riempito di angoscia, ma poco alla volta ho scoperto un mondo subacqueo nuovo che, anche se poco "colorato" ed appariscente di quello del reef, presenta aspetti molto interessanti e, dopotutto, è anche il Mare Nostrum.
La zona del mare prospiciente San Bartolomeo risulta particolarmente interessante dal punto di vista naturalistico perché la presenza di una serie di banchine di scogli frangiflutti artificiali (edificata a protezione della spiaggia negli anni Sessanta dello scorso secolo) ha permesso la formazione di un ambiente marino "protetto" (in comunicazione col mare aperto) che potrebbe ricordare una cosiddetta barrier reef, sorta di laguna interna con un fondale prevalentemente sabbioso del massimo di due o tre metri.
Inoltre una splendida passeggiata lungomare della lunghezza di più di un chilometro, prospiciente alla spiaggia, contibuisce ad isolare la zona dal traffico della via Aurelia creando cosi una zona di una certa tranquillità. In questo habitat, parzialmente isolato dal mare aperto, si è potuta sviluppare una sorta di ecosistema con un sua tipica biodiversità. Superata la barriera degli scogli si presenta il mare "aperto" dove il fondale sabbioso (alla profondità media di 5 m) di si immerge con leggera inclinazione verso il largo, gradatamente, fino a raggiungere le tipiche praterie di Posidonie.
Gli scogli frangiflutti
Spiaggia di San Bartolomeo dove, a circa 150 metri dalla riva, sorge la banchina artificiale di scogli frangiflutti (edificata a protezione della spiaggia negli anni Sessanta dello scorso secolo) che ha permesso la formazione di un ambiente marino "protetto".
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Tipologie di fondali
A sinistra: fondale interno nei pressi della spiaggia (profondità massima di circa 3 metri) con tipiche strutture sedimentare del fondo sabbioso dette ripple marks. A destra: aspetti del fondale presso la banchina degli scogli frangiflutti artificiali.
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Geologia da spiaggia
Sembra strano, ma anche se siamo in spiaggia per prendere il sole o per rifrescarci con un tuffo in mare, intorno a noi e sotto in nostri piedi la Terra manifesta le testimonianze delle sue vicende geologiche. Possiamo avvicinarci con umiltà all'ambiente circostante, anche mentre consumiamo un buon gelato: basta abbassare occhi sulle "pietre" che si trovano in riva al mare per scoprire cose molto interessanti. Le rocce che abbiamo sempre calpestato ed ignorato possono rivelare storie molto curiose.
Ciottoli striati
Lungo la spiaggia, spesso ci si imbatte in bellissimi ciottoli scuri striati da linee bianche che certamente suscitano la curiosità dei bambini. Questi rocce hanno un lunghissima storia geologica. Si tratta di prodotti di erosione che si sono realizzate in tempi geologici e provengono prevalentemente dalla disgregazione di rocce calcaree scure attraversate da venature di calcite che risalono a decine di mlioni di anni fa e provengono da lontano. Trasportati da fiumi e torrenti ed erosi dall'azione delle acque sono giunti sulle rive del mare dopo un viaggio di molti chilometri.
Massi calcarei striati degli scogli
Il fenomeno parte dalla fessurazione delle rocce durante la loro formazione miloni di anni fa. Le fessure vengono riempite da calcare rilasciato da acque percolanti che poi si cristallizza a formare venature di bianca calcite. I massi staccatisi dai pendii franano a valle iniziando un lunghissimo ciclo erosivo detto "ciclo delle rocce sedimentarie".
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Formazione dei ciottoli striati
A sinistra: frammeto di roccia "grezza" in cui si vedono le venature bianche di calcite. A destra: il frammento roccioso eroso dall'azione erosiva perde le asperità e inizia a trasformasi in un ciottolo tondeggiante. Per renderlo perfettamente tondo ci vorrà ancora moltissimo tempo (si parla di migliaia di anni).
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Fori di Litodomi
Il Litodomo è un mollusco simile alle "cozze", è un bivalve della famiglia Mytilidae, chiamto comunemente "Dattero di mare". Il suo nome comune derva dal greco líthos = pietra' e démein = costruire, oppure dal latino domus = casa (cioè costruttore o abitatore della pietra). Il nome scientifico latino è invece Lithophaga lithophaga che letteralmente significa "che mangia la pietra".
Hanno la capacità di penetrare nella pietra o nella roccia corallina con l'aiuto delle secrezioni di ghiandole speciali e qui si annidano per proteggersi. Dato che è squisito e molto ricercato ormai è vicino alla scomparsa, inoltre per raccoglerlo occorre rompere la roccia in cui si rifugia con prevedibili conseguenze sull'ambiente. Pertanto è soggetto a protezione e ne viene vietata la raccolta. Spesso sulla battigia si trovano ciottoli forati che testimoniano la presenta di questi molluschi.
Scoglio forato dai Litodomi
Passeggiando lungo gli scogli a volte possiamo vedere le tracce dell'azione dei Litodomi sulla roccia, si possono anche trovare dei ciottoli compeltamente forati dalla loro passata attività.
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Fori di Litodomi
A sinistra: roccia in cui si vedono le perfette perforazioni che possono ricordare l'intervento umano. A destra: un ciottolo raccolto sulla battigia che presenta la testimonianza dell'attività di Litodomi; i fori sono talmente perfetti da far pensare ad un trapano.
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Litodomo (Lithophaga lithophaga)
A sinistra: frammento roccioso calcareo perforato con un guscio di litodomo; a destra: viste delle valve di un litodomo (esemplari proveniente da Promajna, Croazia).
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Tracce di un mare antico di milioni di anni
I fondali marini sabbiosi (come si è già visto sopa) presentano tipiche strutture che ricalcano la forma delle onde: i geologi le chiamano ripple marks (segni di increspatura). Questa tracce dell'azione ondosa possono "fossilizzarsi". Una fantastica testimonianza di questo fenomeno la si trova vicino a San Barolomeo: è visibile nei pressi di Capo Berta (Diano Marina, IM). Una passeggiata lungo la stada detta l’"incompiuta" ci permette di osservare queste interessanti formazioni geologiche che si notano sui vicini scogli, in mare.
I ripple marksdi Capo Berta
La bella serie di strutture sedimentarie di Capo Berta (che per la sua particolarità dovrebbe essere un geosito protetto) affiora in mare; è databile alla formazione del "Flysch di San Remo" (FSM4) del Maastrichtinao sup. (Cretaceo terminale). Presenta un'età assoluta compresa tra 66 e 72 milioni di anni fa circa, cioè quando ancora i dinosauri si aggiravano sulla terra ferma.
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Altre tracce dal passato
In alcuni casi, oltre ai ripple marks (segni di increspatura), i fondali marini si possono "fossilizzare" immortalando anche altre tipologie di tracce. Su questo frammneto roccioso che ho fotografato sulla spiaggia della foce del torrente Cervo, a San Bartolomeo, si può notare il fenomeno che viene tecnicamente detto impact casts (calchi d'impatto). Sono tracce di piccoli ciottoli che, trasportati dalla corrente, impattano sul fondo marino sabbio rotolando per brevi tratti. Anche questa strutture geologica risale a milioni di anni fa, putroppo non è databile con esattezza in quanto il campione si trova fuori dal suo contesto geologico.
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Uno scherzo della natura (pareidolia)
Con il termine di pareidolia, o illusione pareidolitica, viene descritta l'illusione subcosciente che tende a ricondurre a forme note degli oggetti o profili (naturali o artificiali) dalla forma casuale. Questo fenomeno è ricorrente nella geologia: un pissolo esempio è questo ciottolo raccolto sulla spiaggia che potrebbe ricordare una figura umana.
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Avifauna
Con questo termine in zoologia si identifica l’insieme degli uccelli presenti in una data regione. In riferimento alla zona di San Bartolomeo prospiciente al mare, che ho preso in esame, la presenza di volatili è limitata a quelli strettamente legati alla spiaggia, agli scogli ed alla foce del vicino torrente Cervo. Anche se questo argomento esula dall'argomento della biologia marina, da buon Naturalista, ho riportato alcuni scatti che identificano l'avifauna che più comunemente si incontra in questa zona.
Forse il volatile più interessante e legato alla biologia marina è il Cormorano comune (Phalacrocorax carbo), sorta di "corvo dei mari", un uccello di grandi dimensioni, con la testa, il collo e il corpo di colore scuro e un robusto becco a forma di uncino. I pesci costituiscono la base essenziale della loro alimentazione. Se ci si trova in acqua per fare snorkeling si lasciano avvicinare moltissimo ed a volte si possono osservare mentre cacciano nuotando sott'acqua.
Grazie a un apparato respiratorio ben sviluppato, quest'uccello può restare un minuto sott'acqua. Non vi rimane più a lungo perché l'acqua penetra all'interno del piumaggio, che è poco impermeabile. Il cormorano è perciò costretto a effettuare lunghe soste posandosi sugli scogli, con le ali ben spiegate per far asciugare penne e piume.
Cormorano comune (Phalacrocorax carbo)
Gli adulti si distinguono dai giovani, i quali, nel primo anno di vita, hanno il ventre coperto di piume bianche che formano una grande macchia più o meno estesa (foto in alto). Durante il secondo anno, questa fascia bianca scompare, ma essi restano comunque riconoscibili per il colore brunastro del piumaggio, che comincia ad assomigliare a quello degli adulti (foto in basso) solo durante il terzo anno di vita.
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Gabbiano reale (Larus michahellis)
Il gabbiano reale zampegialle (o gabbiano reale mediterraneo) è di grosse dimensioni, dalla corporatura massiccia; ha una lunghezza di 52–58 cm e un'apertura alare di 120–140 cm.
I giovani hanno una colorazione completamente diversa: sono grigio-marroni. Mangiano pesci, ratti, animali morti e scarti dell'alimentazione umana. Ormai si aggirano tra i bagnanti e sulla passeggiata a cercare cibo lasciato in giro dai turisti e sono piuttosto "invadenti".
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Gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus)
Il Gabbiano comune è un uccello della famiglia dei Laridi, comune in Europa, solitamente è migratore, ma alcuni esemplari, principalmente nella zona occidentale dell'areale, sono anche stanziali. Nidifica in ambienti salmastri costieri ma anche in zone umide dell'interno. È un cacciatore scaltro, avvistato peraltro anche nei campi o a scovare invertebratii.
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Gabbianello (Hydrocoloeus minutus)
È un uccello della famiglia dei Laridi e unico rappresentante del genere Hydrocoloeus, vive in tutta Europa, in gran parte dell'Asia e del Nord America. Ha abitudini gregarie e si riunisce in piccole colonie per nidificare, di solito associato ad altri Laridi. Si ciba di Crostacei, Molluschi, Anellidi, Insetti, piccoli Pesci, semi ed alghe. È una specie rigorosamente protetta.
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Cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus)
Il Cavaliere d'Italia è un uccello acquatico della famiglia dei Recurvirostridi. Le zampe possono raggiungere i 30 cm di lunghezza. Durante il volo, il battito delle ali si alterna a brevi planate e le zampe escono dalla lunghezza del corpo, dando al cavaliere d'Italia un aspetto elegante. Hanno un becco lungo, nero e sottile; il corpo ha le parti superiori nere che contrastano con le parti inferiori bianche splendenti. Gli habitat del cavaliere d'Italia sono le paludi e le lagune poco profonde con sponde sabbiose e sassose, si nutre di insetti, crostacei, molluschi, vermi e altri invertebrati; a volte mangia anche dei girini. In Italia la specie è particolarmente protetta ai sensi della legge 157/1992. Non è facile vederlo. in Italia si stima vivano circa 4000-5000 coppie.
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Vegetali marini
Con il termine “vegetali” (terminologia scientificamente impropria) si intendono quelle che scientificamente sono chiamate "Piante" (in latino: Plantae). Similmente alla terra ferma, anche in mare i “vegetali” sono presenti e sono importantissimi per la catena trofica. La maggior parte delle piante marine risultano però abbastanza diverse da quelle terrestri che siamo abituati a vedere intorno a noi. Spesso chiamiamo le piante marine con il temine generico di “alghe”, ma questo modo di identificarle non è esatto, infatti in mare, oltre alle alghe, esistono piante vere e proprie, come quelle terrestri.
Sia piante che alghe marine effettuano la fotosintesi clorofilliana, attraverso la quale trasformano l’energia solare in sostanze organiche necessarie per il loro nutrimento e producono ossigeno a partire da anidride carbonica e acqua. Di seguito vediamo alcuni di quei vegetali che spesso incontriamo sulla spiaggia o facendo dello snorkeling.
La preziosa Posidonia
La Posidonia (Posidonia oceanica) è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Posidoniacee che sono angiosperme, cioè piante con fiore vero e con seme protetto da un frutto.
Ha l'aspetto di una "erba" con caratteristiche simili alle piante terrestri, ha radici, un fusto rizomatoso (cioè tuberizzato e sotterraneo) e foglie nastriformi lunghe fino ad un metro e unite in ciuffi di 6-7. Fiorisce in autunno e in primavera produce frutti galleggianti volgarmente chiamati "olive di mare".
Può formare vaste praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica, esercitando una notevole azione nella protezione della linea di costa dall'erosione. In queste praterie vivono molti organismi animali e vegetali che qui trovano nutrimento e protezione. La loro presenza costituisce un buon bioindicatore della buona qualità delle acque marine costiere. E’ una specie protetta ai sensi della Direttiva Habitat 92/43 CEE (habitat prioritario 1120).
Le foglie dalla pianta naturalmente cadono tra l’inizio dell’autunno e la fine dell’inverno (similmente alle foglie degli alberi) e, in seguito a mareggiate, sono spesso spiaggiate a formare accumuli chiamati banquettes. Questa componente naturale propria del litorale, genera purtroppo un odore di mare tipico, un mix di salato, frizzante, con un afrore di alga, zolfo e pesce avanzato che a molti risulta sgradevole ed anche il camminarci su risulta fastidioso.
Tale presenza è quindi poco gradita ai bagnanti che la considerano logicamente un rifiuto e quindi un fastidio da rimuovere. La massa di fogliame in decomposizione delle banquettes ha però una notevole importanza ecologica in quanto ospita al suo interno una comunità particolare ben strutturata e ricca di specie endemiche: un habitat molto importante dal punto di vista ecologico.
La Posidonia (Posidonia oceanica)
In alto: ciuffi di posidonie popolano il basso fondale marino (al largo della spiaggia di Su Guventeddu, Pula, Sardegna). In basso: accumuli di piante di posidonia morte (banquettes) lungo la spiaggia di San Bartolomeo.
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Gestione della Posidonia spiaggiata
La Circolare Ministero dell’Ambiente (MATTM) n. 8123/2006 Gestione della Posidonia spiaggiata riconosce il ruolo ecologico della banquettes e di protezione delle spiagge dall’erosione e indica varie possibili soluzioni. Si ricorda che la rimozione delle banquettes comporta anche l'asportazione di grandi quantità di sabbia che rimane intrappolata tra il fogliame inducendo le amministrazioni locali a successivi interventi di ripascimento delle spiagge e di protezione della costa dall’erosione.
La strane "Palle di mare"
Con il termine scientifico di egagropili (dal greco antico aigagros = capra selvatica e pilos = peli) si indicano gli agglomerati sferici o ovali (sferoidi) di colore marrone chiaro e di consistenza feltrosa costituiti da residui fibrosi di piante del genere Posidonia. Questi si accumulano sui litorali, sospinti dalle onde: la loro formazione è frutto dello sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta e della loro aggregazione ad opera della risacca marina.
Sferoidi di Posidonia
Comunemente noti come palle di mare, palle di Nettuno o anche polpette di mare, li troviamo spesso lungo le spiagge di San Bartolomeo: sono un segnale inequivocabile dell'esistenza di una prateria di posidonia vicina alla costa e quindi di un mare vivo e non inquinato.
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La preziose Alghe
Le Alghe (Algae) appartengona ad un raggruppamento rappresentato da organismi di struttura vegetale, autotrofi, unicellulari o pluricellulari, che producono energia chimica per fotosintesi, generando ossigeno. Esse costituiscono un gruppo complesso, vasto e diversificato di organismi autotrofi unicellulari e pluricellulari, strutturalmente molto semplici che non presenta una differenziazione in tessuti veri e propri. Il termine Alghe è generalizzato e non ha valore sistematico.
La percentuale tra il 50 e il 70% dell'ossigeno sulla Terra è prodotto dalla fotosintesi delle alghe negli oceani.
Le alghe, a differenza delle piante, non hanno radici, fusto, foglie, fiori o frutti e nemmeno tessuti di conduzione di acqua e nutrienti; infatti, assorbono tali sostanze attraverso tutto il loro “corpo” che è chiamato tallo. Per rimanere fisse al substrato hanno dei rizoidi, strutture simili a radici aventi la funzione di ancoraggio, ma non quella di assorbimento di acqua e sali minerali dal terreno.
Le Alghe vivono generalmente in acque poco profonde e/o vicino alla superficie delle distese di acqua, dove la luce è più abbondante. Nel Mediterraneo esistono molte specie di alghe tra le quali le più comuni e conosciute sono sicuramente Acetabularia acetabulum, con la tipica forma a ombrellino, Padina pavonica, detta anche “orecchietta di mare”, Ulva lactuca, o “insalata di mare” e Caulerpa prolifera, provvista di tallo a forma lanceolata che ricorda molto la foglia di una pianta.
La loro colorazione è determinata dalla presenza di diversi pigmenti che si aggiungono alla clorofilla (verde) sempre presente, per rendere più efficiente la fotosintesi.
La presenza dei diversi pigmenti che deteminano la loro colorazione permette una classificarle informale che le divide in tre gruppi: Clorofite (alghe verdi), Rodofite (alghe rosse) e Feofite (alghe brune),
L'Acetabularia grande alga unicellulare
L'Acetabularia (Acetabularia acetabulum), nome che deriva dal latino acetabulum = "vaso in forma di coppa”, è un'alga verde unicellulare, di dimensioni molto grandi e complesso nella forma, caratteristiche che ne fanno un modello eccellente per lo studio della biologia cellulare. Si tratta di una specie stagionale, è ben visibile soprattutto nei mesi estivi. Assomiglia ad una pianticella dalle foglie rotonde, con un'altezza compresa tra 0,5 e 10 cm e con tre parti anatomiche: un rizoide in fondo che assomiglia a delle radici molto corte, un lungo stelo al centro, ed in cima un ombrello di rami che può fondersi in un cappello.
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La Pavonia (Padina pavonica)
La Pavonia o Coda di Pavone (Padina pavonica) è un'alga bruna della famiglia delle Dictyotaceae. Il nome deriva dalla forma caratteristica del tallo dell'alga, che si apre a ventaglio a partire da un peduncolo ancorato al substrato tramite rizoidi.
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Ericaria amentacea (Ericaria amentacea)
L'Ericaria amentacea è un alga bruna ampiamente riconosciuta come ecosystem engineer e keystone species, si è rivelata essere una specie estremamente sensibile al cambiamento climatico e alle pressioni antropiche. Questa specie ha infatti subito un declino notevole in vari siti del Mediterraneo. Per questo motivo è stata oggetto di studio.
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Piumino di mare (Jania rubens)
Volgarmente detta "piumino di mare", è un'alga rossa calcarea della famiglia delle Corallinaceae. Forma tipici ciuffi piumosi alti 2-5 cm, di consistenza calcarea, con tallo ramificato dicotomicamente, fissato al substrato da un piccolo disco basale. Usualmente di colore rosa-violaceo, tende ad assumere una colorazione bianco-giallastra nelle zone in piena luce.
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Organismi plantonici
Col termine generico di plancton, per definizione, viene indicato ogni organismo che non è in grado di contrastare le correnti marine e ne viene quindi trasportato. È l’insieme di esseri acquatici, animali e vegetali che vivono sospesi, a galla o nelle acque, in balia delle onde e delle correnti e senza alcun rapporto con il fondo.
Comprende sia organismi vegetali (fitoplancton) che animali (zooplancton) di varie dimensioni. Tradizionalmente lo associamo e microrganismi unicellulari (come i protozoi), ma in effetti include anche larve, piccoli animali (come i crostacei che formano il krill), organismi di una certa mole come meduse (chiamate jelly plankton = plancton gelatinoso) e alghe pluricellulari (come i sargassi).
Durante le nostre nuotate esplorando con maschera e pinne i fondali spesso notiamo nell'acqua piccole particelle in sospensione (a volte sono miriadi): è probabile che siano microrganismi plactonici. Un fenomeno particolare si è verificato all'inizio del settembre 2023. I bagnanti si allarmarono vedendo strane piccole forme globulari che ovunque galleggiavano: si trattava di una forma microscopica di plancton: i radiolari.
Forme planctoniche in sospensione
Il fenomeno particolare verificatosi all'inizio del settembre 2023. Piccole forme globulari di spetto gelatinoso galleggiavano ovunque vicino agli scogli: si trattava di una forma microscopica di palncton: i radiolari. I gusci dei radiolari morti si depositano sui fondali oceanici, formando i cosiddetti fanghi a radiolari. Nel corso dei tempi geologici questi fanghi si sono accumulati in quantità tali da formare spessi strati di roccia sedimentaria silicea chiamata radiolarite che in mineralogia è detta diaspro.
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Colonie di radiolari
Il fenomeno particolare verificatosi all'inizio del settembre 2023. Si tratta del Collozoum sp., un radiolare dell'ordine Collodaria. Il genere contiene specie bioluminescenti ed è coloniale. A sinistra si nota una colonia galleggare vicino ad una medusa della specie Pelagia noctiluca, a destra si intravedono microscopici puntini che identifico i singoli microrganismi uniti a formare la sacca della colonia.
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I radiolari di Ernst Haeckel
Forme di radiolari visti al microscopio le possiamo ammirare in alcune splendide pagine (litografie) del testo Die Radiolarien del 1862, il primo lavoro scientifico sui radiolari del famoso biologo tedesco Ernst Haeckel. Questi organismi hanno dimensioni i che variano da 60 a 200 µm (millesimi di millimetro).
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Le Spugne (Porifera)
Quello dei Porifera (dal latino "portatore di pori") è un phylum animale, che comprende gli organismi comunemente noti come spugne. Si tratta di organismi pluricellulari, aventi un corpo ricco di pori e canali che permettono all'acqua di circolare attraverso essi; sono costituiti da una specie di sacco più o meno sviluppato.
Spugna incrostante rossa (Haliclona fulva)
L'Haliclona è una spugna incrostante della famiglia delle demosponge che può presentare vari colori a partire dal giallo al violetto fino al rosso. Nella foto si notano bene gli i osculi gli orifizi di forma circolare dell'apparato digerente delle spugne.
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La Spugne Clionidi
Le spugne Clionidi sono piccolissime spugne che hanno la caratteristica di forare rocce calcaree, gusci di molluschi e coralli madreporici a cui aderiscono. La perforazione avviene per mezzo di secrezioni acide che permettono alla spugna di creare una complessa rete di camere e gallerie all’interno delle quali avviene il loro sviluppo.
Sono organismi perforanti per eccellenza, diffuse ampliamente anche nel Mediterraneo, che rappresentano un importante elemento nei processi di erosione e di produzione di sedimenti.
Spesso lungo la battigia possiamo rinvenire frammenti rocciosi che ne testimoniano la presenza.
Perforazione di spugne clionidi
A sinistra: ciottolo con una vena calcarea esposta in cui si vedono i forellini di perforazione; a destra: ciottolo con una vena calcarea completamente erosa dall'azione delle spugne.
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La categoria dei Cnidari
Sia le meduse che i "coralli" appartengono al phylum (grande categoria sistematica) dei Cnidari (dal greco knide = ortica, perhè sono quasi tutti appunto urticanti), un tempo erano chiamati Celenterati (Coelenterata). Sono sostanzialmente dei “polipi” di una certa dimensione (i "polpi" sono invece molluschi commestibili) che vivono singolarmente (come le meduse) oppure sono piccolissimi, aggregati in immense colonie, che sviluppano impalcature calcaree di varie forme: sono responsabili dell’edificazione delle scogliere coralline (reef).
Nel linguaggio comune li chiamiamo impropriamente "coralli", ma in effetti si tratta di maderepore; con il termine di "corallo" infatti scientificamente si intende solo la particolare forma preziosa del "corallo rosso" (Corallium rubrum).
Sembra strano , ma anche nel mare di San Bartolomeo, a pochi metri dalla spiaggia possiamo, vedere madrepore simili a quelle dei mari tropicali. Si tratta della "madrepora a cuscino" (Cladocora caespitosa), per la tipica forma delle sue colonie, appartiene della classe Hexacorallia (ogni piccolo polipo ha un mumero di tentacoli mutipli di sei). È la madrepora più grande del Mar Mediterraneo, può raggiungere anche i 50 centimetri di diametro.
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Una madrepora mediterranaea
La "madrepora a cuscino" (Cladocora caespitosa) fornamatasi sugli scogli a 2 metri di profondità. I polipi hanno circa 5 millimetri di diametro. Produce depositi di carbonato di calcio con cui forma le teche calcaree in cui vive. Nella macrofotografia si possoni notare i piccoli tentacoli di ogni teca. Ricordo che è un specie protetta e non bisogna assolutamente toccarla per non distruggere i delicatissimi polipi.
Al cento si nota un piccolo e delicato "Verme albero di Natale" (Spirobranchus sp.) anellide (verme) polichete della famiglia Serpulidae, che vive in simbiosi con la madrepora.
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Le meduse
Quella delle meduse è una vasta categoria a con numerose forme molto diverse tra loro dal punto biologico e di varia dimensione. La loro classificazione sistematica risulta complessa e molti autori non sono concordi nella suddivisione tassonomica, pertanto non la si tratta in questa sede. Nel Mediterraneo le meduse sono rappresentate da una ventina di generi diversi.
Le meduse, come tutti Cnidari possiedono cellule molto specializzate, chiamate cnidoblasti, o nematocisti, principalmente concentrate lungo i tentacoli, capaci di iniettare attraverso un microscopico filamento spinoso una miscela velenosa proteica (neurotossina), per catturare le prede o per difesa. Il meccanismo di estroflessione del filamento è uno dei processi biologici più veloci ed efficaci in natura: si compie in meno di un milionesimo di secondo, generando sul punto di penetrazione un impatto pari a oltre 70 tonnellate per centimetro quadrato. Sembra inverosimile, ma proprio è così. Le nematocisti, paralizzano le loro prede (piccoli pesci e microrganismi) per l'uomo possono essere molto uricanti ed in alcune specie di meduse sono addirittura mortali.
Il problema delle meduse
Forse l'argomento di più grande interesse che riguarda i bagnanti è quello delle meduse, infatti le "punture" di questi invertebrati marini sono dolorose ed a volte pericolose. Le meduse sono organismi che fanno parte del plancton, categoria di esseri marini di varie dimensioni (di norma piccolissimi ed a volte unicellulari) che non sono in grado di contrastare completamente le correnti e che da queste vengono quindi traspostrati ovunque. Come si è detto, le meduse appartengono al phylum dei Cnidari .
La pericolosa medusa luminosa
Nel Mediterraneo è presente, e talvolta purtroppo abbondante, la "medusa luminosa", una scifomedusa che è scientificamente chiamata Pelagia noctiluca (dal greco pélagos = mare e dal latino noctis = notte e lucere = splendere), il suo ombrello ha un diametro medio di 10 cm. Vive circa due anni, e si spinge in acque profonde (oltre 500 m). Compie migrazioni verticali giornaliere, raggiungendo la superficie soprattutto di notte. Quando si verifica una "fioritura", detta bloom, cioè l'incremento improvviso ed incontrollato del numero di individui, gli individui sono anche 300 al metro quadro e la corrente le porta ovunque.
Grazie a un muco secreto dal suo ectoderma, è una delle poche specie di meduse in grado di produrre bioluminescenza, per la presenza di piccoli organelli chiamati fotofori. Quando la medusa viene disturbata o toccata, i fotofori producono di notte una luce blu-verde che può essere vista anche a diversa distanza.
Questa specie distribuita purtroppo è molto urticante e le sue nematocisti possono provocare notevoli ustioni.
La medusa luminosa
In alto una una foto subacquea di Pelagia noctiluca che nuota al largo dopo gli scogli frangiflutti. In basso un esemplare nuota vicino alla riva cercado di vincere le corrente; si possono notare i filamenti (lunghi anche un metro) che l'animale usa per paralizzare le prede. A fianco una medusa spiaggiata dalle onde sulla battigia. Dal confronto con la mia mano si possono dedurre le dimensioni medie di questa medusa.
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Spesso troviamo La Pelagia noctiluca a pochi metri da riva portata dalla corrente o sulla battigia spiaggiata dalle onde. Pur essendo una specie pelagica (cioè che vive in mare apertp), nel periodo primaverile e autunnale (ma non solo) si avvicina alla costa. È un predatore che si nutre di plancton, uova di pesce e larve di invertebrati marini che paralizza con i tentacoli dotati delle sue cellule urticanti. Questa specie, al contrario delle altre, presenta le cellule urticanti anche sull'ombrello pertanto basta sfiorarla per scatenare una reazione fisico-chimica automatica che provoca il rilascio delle nematocisti. Anche parti di individui, pezzi di tentacoli galleggianti possono essere urticanti. Le sue ustioni a volte sono molto dolorose e, se non curate in modo corretto, possono ustionare le pelle lasciando tracce visibili. Può essere molti pericolosa per chi ha probelmi di allergie.
I nematocisti urticanti
Si ricorda che Pelagia noctiluca è una delle poche meduse che presenta cellule urticanti (nematocisti) anche sull'ombrello. Sulla sinistra nella macrofotografia subacquea dell'ombrello si possono notare i gruppi di cellule, a destra le conseguenze di una "puntura" sulla pelle di una amica. Ricordo che una semplice maglietta t-shirt aderente di cotone potrebbe riparare benissimo.
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Cura delle ustioni di Pelagia noctiluca
Un argomento di discussione ricorrente, che spesso si sente tra i villeggianti, è la disputa sul metodo di cura delle ustioni delle meduse.
Dato che durante i miei lunghi giri di snorkeling nel mare di San Bartolomeo (e nei mari tropicali) sono stato spesso "punto", posso dire che la prima sensazione è quella di una improvvisa scossa elettrica (come mettere le dita nel 220V di casa). Se si è al largo (si nuota sempre in due) occorre non farsi prendere dal panico ed abbandonarsi "a riposare" facendo "il morto". Segue una forte sensazione di escoriazione, dolore intenso. Quando si è a riva poi compare infiammazione e arrossamento della pelle. La puntura produce urticaria ed edema, oltre che a vescicole, bolle e croste che possono permanere molto a lungo se non trattare correttamente. Altri sintomi, anche se rari, possono essere nausea, vomito, crampi muscolari e difficolta respiratorie.
Ho ascoltato bagnanti che consigliano dei rimedi "medioevali" che qui non voglio ripetere, la prassi per la specie Pelagia noctiluca secondo il CIESM (Comitato Ecosistemi Marini della Commissione per il Mediterraneo) è la seguente:
1) - Non lavare mai la ferita con l'acqua dolce, ma di mare, senza strofinare, poi asciugare tamponando con un panno.
2) - Dato che le neurotossine sono termolabili (si distruggono col calore) applicare sulla parte un grosso ciottolo bollente (si può scaldalro al sole) per 15 minuti.
3) - Applicare infine una gel astringente al Cloruro d'Alluminio. Esiste una ottima marca usata dai sub, ma non posso fare pubblicità.
Nessuna altro rimedio immediato serve. Se però non si ha nulla di questo, si può applicare sulla ferita la polpa trasparente delle foglie di Aloe (Aloe arborescens) che in Liguria si trova un pò dappertutto nei giardini e nelle aiuole (sarebbe meglio però l'Aloe vera). Questo è un prezioso consiglio di un bagnino del posto che è anche un granse surfista con esperienza di mari tropicali. Comunque in caso grave rivolgersi sempre al pronto soccorso.
Una strana medusa azzurra
Esattamente il 18 aprile 2018 sulla siaggia di San Bartolomeo ho assistito ad uno strano fenomeno. Si trattava di un bloom della strana medusa Velella velella detta “Barchetta di San Pietro”.
Questa strana medusa di colre azzurro, di piccole dimensioni, è un indicatore di mare pulito, vive praticamente in tutti gli oceani in superficie, con una preferenza per le acque calde o temperate.
A volte si possono verificare spiaggiamenti in massa di questi organismi, soprattutto in primavera, che morendo e decomponendosi producono un acuto spiacevole odore rancido che ricorda l'urina. Possiedono dei sottili “scheletri” di consistenza chitinoso-cartilaginea trasparenti che si possono conservare.
Come gli altri cnidari Velella velella è un animale carnivoro. cattura la sua preda, generalmente plancton, tramite i piccoli tentacoli che contengono delle tossine. Queste tossine, pur essendo efficaci contro la preda, sono innocue per gli esseri umani, poiché non riescono a penetrare nella pelle e non causano nessuna reazione alla cute dell'uomo. Però è preferibile evitare di toccarsi gli occhi dopo aver toccato (le dita si colorano di blue) una “barchetta di San Pietro” perchè potrebbe causare dei problemi.
Spiaggiamento di Velella velella
La spiaggia di San Bartolomeo in corrispondenza di via Malta con i resti spiaggiati di migliaia di “Barchette di San Pietro” distrubuiti sulla battigia per un centinaio di metri. Si nota il tipico bellissimo colore blu elettrico con sfumature azzurre della medusa. Evento accaduto il 18 aprile 2018.
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Resti di Velella velella
Particolare dei resti spiaggiati di migliaia di “Barchette di San Pietro” del 18 aprile 2018. Si noti l'intenso colore blu ed azzurro tipico di questo organismo che, se toccato, lascia tracce di colore sulle dita.
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La “Barchetta di San Pietro”
A sinistra: una grande Velella velella che tengo in mano per avere un riferimento dimensionale. A destra: alcuni dei sottili e fragili “scheletri” trasparenti della medusa che hanno consistenza chitinoso-cartilaginea e si possono conservare.
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La chiocciola della medusa blu
Esiste una singolare simbiosi tra medusa Velella velella, la “Barchetta di San Pietro”, e una rara chiocciola marina, la Janthina janthina, un gasteropode marino, non comune, che ha caratteristiche particolari: le forme adulte vivono in simbiosi con queste meduse di cui anche si nutrono (si tratta quindi di una simbiosi antagonista).
Questo mollusco vive praticamente in tutti gli oceani e conduce vita pelagica, facendosi trasportare dalle correnti attaccato alle meduse, si mantiene a galla grazie alla capacità del suo piede (pare anatomica dei gasteropi) di secernere una sostanza vischiosa che a contatto con l'acqua indurisce formando una sacca di bollicine d'aria che ne permette il galleggiamento.
Trascinata dalle correnti, attaccata a questa sorta di "zattera d'aria" con la sua esile conchiglia rivolta verso il basso, la Janthina janthina si sposta anche in gruppi composti da un numero elevatissimo di individui, che seguono la corrente. Le femmine sotto a queste "bolle" attaccano le uova.
È un mollusco carnivoro: si nutre di zooplancton che si imbatte nel suo tragitto, è un animale cieco che per difendersi emette uino schizzo di liquido viola.
La Janthina janthina,
Sulla siaggia di San Bartolomeo durante lo siaggiamento della medusa Velella velella del 18 aprile 2018, nella massa di organismi ormai morti, ho avuto la fortuna di individuare e fotografare alcuni esemplari di Janthina janthina. Nell'immagine, a fianco del gastreropode è visibile la sacca di bollicine d'aria che il mollusco ha creato e che ne permette il galleggiamento.
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Gli anemoni di mare
Comunemente chiamati "ortiche di mare", anche loro fanno parte del phylum dei Cnidari, apparetengono alla famiglia dalle Attinie (Actiniidae) e, come quasi tutti i Cnidari, sono urticanti. Xxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx
Anemone "Capelli di venere" (Anemonia viridis)
Le attinie di questa specie sono commestibili e molto richieste in Sardegna ove vengono preparate impanate e fritte col nome di orziadas. È considerato un piatto prelibato e sono quindi molto ricercate, raggiungendo quotazioni mediamente elevate, anche per il costante depauperamento della specie a causa di un prelievo sconsiderato.
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Gli strani Briozoi
La categoria sistematica (phylum) dei Briozoi (Bryozoa), oggi più correttamente chiamati Ectoprocta, è composto da piccoli animali invertebrati acquatici, quasi esclusivamente marini, che vivono in colonie arborescenti ancorate ad un "substrato" (superficie su cui vive un essere vivente) cho può esser euna roccia un conchigkie, ecc.
Una colonia di Briozoi è formata da singoli individui, detti zooidi, che raggiungono al massimo mezzo millimetro. Ogni zooide vive racchiuso in un involucro di forma allungata, a doppia parete, calcareo o chitinoso, detto zooecio, a volte chiuso da un opercolo. Sono animaletti innocui.
Colonia di Briozoi
Si tratta del briozoo chiamato Electra posidoniae endemico del mar Mediterraneo che cresce quasi esclusivamente sulla fanerogama marina Posidonia oceanica.
Nella foto in alto compare una colonia di briozoi ancorata ad una foglia di Posidonia raccolta sulla spiaggia.
Le foto in basso (scaricate dal Web) rappresentano Electra posidoniae su una foglia di Posidonia, a destra si vede la micro fotografia di un colonia del briozoo del genere Plumatella per far comprendere l'asoetto di questi piccoli esseri marini.
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I Molluschi (Mollusca)
Questa vastissima categoria di esseri viventi, che è presente sulla Terra fin dal periodo Paleozoico, viene divisa in sei classi tra cui ricordo le tre principali: Bivalvi (conchiglie), Gasteropodi (chiocciole e lumache marine) e Cefalopodi (polpi e seppie) .
Conchiglie e chiocciole marine sono nel mare di San Bartolomeo ormai rare e si ricorda la loro raccolta è regolamentata dalla Legge. Ad esempio il grande bivalve Pinna nobilis nota volgarmente col nome di "nacchera di mare", "pinna comune" o "cozza penna", ormai in via di estinzione per l'eccessiva raccolta, è una specie protetta. Questo mollusco nel nre di San Bartolomeo era presente con numersi esemplari fino al 2016, del 2017 questi hanno iniziato a dimunuire di numero, nel 2019 ne avvisto solo più un paio. Dal 2020 sono purtroppo totalmente scomparse.
Si tratterebbe del fenomeno della infezione e mortalità delle "nacchere di mare" ad opera del protozoo Haplosporidium pinnae. Nonostante il divieto di pescare gli esemplari di Pinna nobilis, spesso il mollusco viene raccolto dai fondali per finire in cucina (se ne mangia solo una piccola parte) o come souvenir. Un danno che perdura nel tempo, visto che le bivalve impiegano molti anni per raggiungere l’età riproduttiva.
Uova di chiocciole marine
Può capitare, passeggiando lungo la spiaggia, di trovare sulla riva deposti sulla battigia dalle onde, degli strani ammassi. Sono bianchi, leggeri, di dimensioni variabili da un pugno ad un grosso pallone, formati da molte piccole concamerazioni identiche, unite a formare un’unica struttura, anche facendo dello snorkeling le possiamo incontrale adagiate sul fondo.
Per la loro forma possiamo confonderli con delle spugne, ma in realtà si tratta di grossi ammassi di uova, detti capsule ovigere, del mollusco gasteropode Murice troncato (Hexaplex trunculus) le cui conchiglie spesso si vedono sui fondali.
Nel periodo riproduttivo, da maggio ad agosto, depone gruppi di uova di colore bianco-giallastro, a forma di clava, riunite in ammassi che possono raggiungere le dimensioni di un pallone e che contengono al loro interno le uova. Quando schiudono, finito il suo compito biologico, la massa di uova vuota va alla deriva. Un atro gasteropode Muricide che depone uova è il Boccone di mare (Stramonita haemastoma) forse più conosciuto gastronomicamente.
Sul fondo è possibile imbattersi anche in altre strane strutture. Consistono in fragili strisce centimetriche di sabbia solidificate, a forma di un nastro, con il bordo ondulato disposte a semicerchio; anche queste sono uova: sono dette nastri ovigeri o ovature a nastro. Spesso vengono scambiate per rifiuti di plastica insabbiati, ma la verità hanno a che fare con la natura. Si tratta infatti delle uova di una graziosa chiocciola marina Neverita josephinia, nota col come comune di “natica”.
Da aprile a giugno questo gasteropode depone centinaia di uova distribuendole in piccole cellette ricavati in questi strani nastri sabbiosi che il mollusco edifica consolidandoli. Attenzione: quando sono presenti le uova non andrebbero toccati per evitarne la distruzione.
Gasteropodi depositori di ovature
A sinistra: il mollusco gasteropode Hexaplex trunculus detto Murice troncato, anche apprezzato nelle cucina mediterranea; a destra: la chiocciola marina Neverita josephinia chiamata col come volgare di “natica”. Le immagini sono state tratti da siti specializzati in malacologia.
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Uova di murice
Capsule ovigere schiuse del mollusco gasteropode Murice troncato (Hexaplex trunculus), raccolte sul fondale a poca distanza dalla riva .
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Uova di chiocciola marina
Alcuni nastri ovigeri o "ovature a nastro", ormai schiusi, della chiocciola marina Neverita josephinia, nota col come volgare di “natica”, raccolti sul fondale a poca distanza dalla riva
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Lo squisito Boccone di mare
La Stramonita haemastoma è un mollusco gasteropode carnivoro della famiglia Muricidae, si nutre principalmente di altri molluschi bivalvi ed è abbastanza comune nei fondali rocciosi o detritici dalla superficie fino a circa 30 m di profondità. Il nome comune di "Boccone di mare" gli è stato attribuito in quando e un "frutto di mare" molto apprezzata nella cucina mediterranea.
Viene definito popolarmente "guscio di roccia dalla bocca rossa" per il fatto che la conchiglia, solitamente coperta si alghe ed incrostazioni calcaree, si mimetrizza confondendosi con le rocce mentre il labbro esterno ed interno che delimitano l'apertura della conchiglia presenta un colore arancione che tende al rosso.
Il suo nome specifico haemastoma che deriva dal greco, infatti significa letteralmente "bocca insanguinata". Anche il Boccone di mare, come altri generi di gasteropodi, depone dei grossi ammassi di uova, detti capsule ovigere.
Boccone di mare (Stramonita haemastoma)
A sinistra si vede il guscio della conchglia dall'aspetto roccioso parzialmente pulito dalle incrostazione e alghe che lo coprivano; a destra si notano il labbro esterno ed interno che delimitano l'apertura che presenta un colore arancione che tende al rosso.
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Gasteropodi abitatori degli scogli
Patelle e chiocciole di mare vivono abbarbicati sugli scogli sia nella parte sommersa fino quella umida che viene raggiunta dagli spruzzi delle onde (zona intertidale).
La chiocciola di mare detta "Cornetto comune" (Phorcus turbinatus) è un mollusco gasteropode marino della famiglia Trochidae. Si nutre dello strato di alghe che gratta con la radula dalla superficie degli scogli.
Scoglio occupatao da Patelle e chiocciole marine
Una nutrita comunità di gasteropodi vive ancorata saldamente alla roccia degli scogni fino a occupare la zona raggiunta dagli spruzzi delle onde (zona intertidale). Si notano delle Patelle e delle piccole chiocciole di mare dette "Cornetto comune" (Phorcus turbinatus).
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Tracce di predazione
Spesso sul fondale intorno agli scogli spesso ci si imbatte nelle conchigle morte della chiocciola di mare detta "Cornetto comune" (Phorcus turbinatus). Stranamente moltissimi di questi gusci risultano spezzati, come quelli che si notano nella fotografia. Si tratta probabilmente di tracce di predazione da parte di pesci come Branzini ed Orate. Le robuste mascelle di forma particolare di questi risulta adatto a spezzare facilmente il guscio di conchiglie e crostacei di cui si nutrono.
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Le Patelle
Le Patelle sono un genere di molluschi gasteropodi della famiglia Patellidae. Vivono rocce soggette a periodiche variazioni della marea (zona intertidale). Il loro piede, aderendo con forza al substrato, trattiene una quantità di acqua sufficiente ad impedire la disidratazione, e consente loro di sopportare lunghi periodi di emersione. L'adesione è resa possibile anche dalla secrezione di una sostanza viscosa.
In tutto il mondo esistono più di duecento specie di patella, le più note nel Mediterraneo sono la Patella Coerulea, la più diffusa e la Patella Aspera ora diventata sinonimo della Patella ulyssiponensis.
È caratterizzata da una conchiglia sottile, che in molti casi si erige a formare una specie di cono a base ovale, la forma però può variare molto a seconda della zona in cui si trova, in quanto è essenziale per la sopravvivenza dell’animale la completa adesione con la roccia. Tende quindi ad adattarsi al fondale roccioso in cui è situata.
Le carni sono molto gustose, ma abbastanza dure, non vengono quindi usate nella cucina tradizionale essendo poco digeribili, però viene molto apprezzata nella pesca, dove viene usata come esca, in quanto la durezza delle sue carni ha una maggiore resistenza agli attacchi delle prede.
Patella aspera (Patella ulyssiponensis)
Specie comune. Ha una marcata raggiatura e la sagoma del perimetro è divesa da un esemplare all'altro, infatti, crescendo, la forma si adatta al fondale roccioso in cui è situata.
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I polpi, molluschi evoluti
Il Polpo comune (Octopus vulgaris) è un mollusco cefalopode della famiglia Octopodidae che ben conosciamo perche è molto apprezzato nella cucina mediterranea. Questo simpatico mollusco e notevolmente presente nella zona tra gli scogli e la spiaggia di San bartolomeo. Il fondale è disseminato di molte tane vuote perchè l'animale temporaneamente le lascia libere... oppure viene catturato per finire in pentola. Purtroppo al DPR 1639/68 viene aggiunta nel 1987 la circolare ministeriale n° 6227201 che recita: è vietata la raccolta di coralli e crostacei, nonché di molluschi esclusi quelli cefalopodi.
Il Polpo comune ha un’aspettativa di vita attorno all’anno, massimo due. Anche quando capita di vedere esemplari grandi, non siamo davanti a molluschi particolarmente longevi come potrebbe pensare, ma semplicemente ad esemplari che hanno avuto un accrescimento decisamente superiore alla norma.
È considerato uno degli invertebrati più intelligenti; è stato, per esempio, dimostrato che il polpo comune ha la capacità di apprendere se sottoposto a test di apprendimento per associazione e osservando gli altri della sua specie, capacità che in precedenza era stata dimostrata solo in alcuni mammiferi. Personalmente amo molto questo animale che spesso risulta essere curioso quando si riesce a stabilire con lui un certo rapporto di fiducia.
Le sue tane sono facilmente identificabili per la presenza di sassi e conchiglie che l'animale usa per abbellirne l'ingresso.
Tana di polpo (Octopus vulgaris)
In alto: tana di Il Polpo comune (Octopus vulgaris) in cui si vedono i sassi che la circondano: l'animale fa capolino dal piccolo ingresso. In basso: l'ingresso della tana di cui sopra, dove si vede il polpo avvolto su se stesso ed un suo occhio che mi spia.
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I ricci di mare (Echinoidea)
Gli Echinoidea detti Echinidi (dal greco ekinos = riccio) sono una classe del phylum degli Echinodermata che comprende gli organismi marini comunemente denominati “ricci di mare” per il fatto che tutti sono dotati di spine più o meno appariscenti chiamate radioli.
Riccio di mare nero (Arbacia lixula)
Arbacia lixula (Linnaeus, 1758) è un riccio di mare della famiglia Arbaciidae di colore nerastro o bruno scuro. Detto anche Riccio maschio, nome che deriva dall'erronea convinzione che si tratti dell'esemplare maschile di Paracentrotus lividus, che è addirittura un genere differente.
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Riccio di mare rosso (Paracentrotus lividus)
Paracentrotus lividus (Lamarck, 1816) è un riccio della famiglia Parechinidae di colore rossiccio. Presenta diversi nomi volgari: Riccio di mare comune o Riccio di mare di roccia ed è erroneamente indicato anche come Riccio femmina. Il nome deriva dall'erronea convinzione che si tratti dell'esemplare femminile di Arbacia lixula, che è addirittura un genere differente.
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Esoscheletri di ricci di mare
Confronto tra gli esoscheletri del ricco nero e rosso (esemplari raccolti a Su Guventeddu, Pula, Sardegna). A sinistra: Riccio di mare nero (Arbacia lixula), a dx
riccio di mare rosso (Paracentrotus lividus). Si nota che l'esoschetro del Riccio di mare nero è rosso e quello del Riccio di mare rosso è verdastro.
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Piccolo atlante di ittiologia
In questa sezione ho voluto riporate una serie di immagini che costituiscono un piccolo atlante fotografico dei miei avvistamenti, che illustra le principali organismi vertebrati presenti in queto zona di mare, utile per identificare le forme che si incontrano spesso (alcune molto raramente) durante lo snokeling.
I nomi volgari di molti degli organismi riprodotti in queste pagine sono tratti dai vari testi. Riguardo alla classificazione (nomenclatura) dei vari organismi, dove a volte si tratta di nomi latini impronunciabili (che spesso nemmeno gli specialisti ricordano a memoria), mi sono basato su vari testi ed anche sui vari siti Internet, è comunque possibile che siano presenti errori. Sarei molto grato verso chi fosse in grado di segnalarmeli.
Difficile riconoscimento dei pesci
L'identificazione dei pesci coloratissimi e spesso di aspetto caratteristico dei mari tropicali, permette una facile identificazione delle varie specie. La presenza di un grande numero di testi specializzati consente inoltre di poter classificare abbastanza semplicemente gli abitanti delle barriere coralline.
Al contrario avviene per le specie del nostro mare che sono poco colorate ed ornamentate e quindi spesso scarsamente distinguibili l'una dall'altra.
Un esempio è quello del Cefalo, chiamato anche Muggine o Volpina, che presenta 5 specie (quello più comune è Mugil cephalus Linnaeus, 1758). Un altro esempio è quello del Sarago (gen. Diplodus) che anche lui, nel nostro mare, presenta 5 specie: Maggiore, Pizzuto, Fasciato, Sparaglione e Faraone. Abbiamo quindi anche dei problemi quando si va a comprare il pesce al mercato.
Un altro problema è quello della denominazione. Se si tratta a livello scientifico non esite difficoltà si comunicazione, ma parlando a livello colloquiale, in ogni regione (o addiruttura di località), i nomi sono diversi e nascono problemi di comprensione. Un esempio lampante è ilbivalve del gen. Mitilus che viene chiamato Cozza, Peocio, Muscolo, ecc.
Sulle problematiche della classificazione scientifica potete vedere le pagine di quetso sito dedicate alla Paleontologia Sistematica dove tratto l'argomento in modo approfondito.
I branchi di pesci
Spesso, durante lo snorkeling, se ci muoviamo lentamente, senza "sguazzare" e far rumore, è possibile unirsi a branchi di pesci e nuotare con loro per lunghi tratti. A volte se comprendono che non siamo un pericolo per loro, si lasciano avvicinare molto e li si puo osservare mentre si nutrono. I pesci che frequentemente si incontrano in branchi sono i Latterini (foto in alto) e le Salpe (foto in alto).
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Latterini (Atherina sp.)
I Latterini (Atherina sp.) sono piccoli pesci che nuotano in branchi numerosi. Esistino poche specie, ma difficilmente distinguibili se non con un esame ravvicinato. Hanno un aspetto piuttosto uniforme, hanno due pinne dorsali poste molto indietro, occhi grandi, testa massiccia, bocca obliqua. Le dimensioni raggiungono eccezionalmente i 15 cm.
È un organismo eurialino (sopporta notevoli variazioni del grado di salinità dell'acqua) e frequenta soprattutto ambienti lagunari e di foce, ma si può incontrare anche in acque dolci e in mare, in baie riparate con fondi sabbiosi, misti o a Posidonia oceanica.
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La Salpa (Sarpa salpa)
La Salpa appartenente alla famiglia Sparidae. È l'unica specie del genere Sarpa. La Salpa è presente in tutto il Mediterraneo, nonché nell'Atlantico orientale: dal Golfo di Biscaglia fino al Sudafrica. Si tratta di una specie strettamente costiera vive normalmente fino a 20 metri di profondità e si trova anche in acque molto basse. Popola fondali rocciosi con crescita di piante acquatiche e praterie di Posidonia oceanica. Negli cogli di San bartolomeo se ne vedono moltissimi in branchi numerosi e sono facilmente avvicinabili. È un pesce principalmente erbivoro, apprezza in particolar modo l'alga verde Ulva lactuca detta "insalata di mare".
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Le Occhiate (Oblada melanurus)
Appartiene alla famiglia degli Sparidi ed è l'unica specie del genere Oblada.
L'Occhiata ha un aspetto assai simile a quello dei saraghi o della salpa, ha occhi grandi e bocca disposta all'insù, con mandibola dotata di acuminata dentatura. Sul peduncolo caudale è visibile una grossa macchia nera bordata di bianco. Anche questa specie è gregaria e forma banchi anche molto grandi. La carne è ottima.
Gli individui che frequentano il sottocosta sono di piccole dimensioni come si evince dalla foto. Questi pesciolini "mordono" i bagnanti, non per paggressività, ma semplicemente cercano cibo attratti da piccole escoriazioni della pelle o dalle crosticine che si formano dopo un trauma e vanno con i loro piccoli denti a infierire proprio in quelle parti del corpo. Sono difficili da fotografare perchè è in continuo movimento.
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Ghiozzo di Bucchich (Gobius bucchichi)
Datto anche Ghiozzo rasposo xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.
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Sogliola comune (Solea solea)
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I Saraghi
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Sarago fasciato (Diplodus vulgaris)
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Sarago Maggiore (Diplodus sargus)
Appartiene alla famiglia degli Sparidi. Le carni sono pregiatissime e molto ricercate. È una specie abbastanza versatile riguardo all'habitat. L'ambiente preferito è comunque quello di scogli coperti di densa vegetazione. È una specie strettamente costiera. Si nutre di crostacei ed altri invertebrati bentonici, da giovane, anche di alghe. Nella foto in basso lo vediamo mentre si nutre di un riccio di mare.
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Sarago pizzuto (Diplodus puntazzo)
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I Muggini
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Problemi di livree
Spesso i pesci presentano un marcato dimorfismo sia a livello sessuale che in ambito interspecifico esibendo livree con colorazioni ed ornamentazioni anche molto divese. Un esempio facile da individuare sono le due tipiche specie di Donzelle Thalassoma pavo e Coris julis che presentano un marcato dimorfismo sessuale. In Coris julis le femmine hanno dorso marrone e fianchi giallastri e ventre bianco, i maschi sono verdi, blu o marroni, con ventre bianco, una macchia blu scura sopra pinna pettorale e con una banda ondulata arancione vivace sui lati.
Un esempio emblematico sono poi i pesci chiamati Tordi che appartengono al genere Symphodus che presenta 11 specie. Questo pesce costituisce un esempio di come in uno stesso genere possano esistere molte livree, iInfatti, ad un occhio non esperto i Tordi, pur appartenendo alla stessa specie, possono presentare un aspetto molto diferso e anche un marcato dimorfismo sessuale.
Un altro particolare dimorfismo, presente tra giovani ed adulti, lo si può notare nelle simpatiche Castagnole (Chromis chromis): i loro avannotti hanno una colorazione blu elettrico, mentre gli esemplari adulti con la crescita la perdono gradatamente e diventano marrone scuro o nerastri.
Donzella pavonina (Thalassoma pavo)
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Donzella (Coris julis)
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Tordo verde (Symphodus roissali)
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Tordo pavone (femmina) (Symphodus tinca)
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Le Castagnole (Chromis chromis)
Le Castagnole (Chromis chromis)
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Le Castagnole (Chromis chromis)
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Triglia di scoglio (Mullus surmuletus)
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Perchia o Serrano (Serranus scriba)
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Mormora (Lithognathus mormyrus)
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Orata (Sparus aurata)
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